di Filippo Caleri
Nel caso di crisi aziendali invece si starebbe valutando l’eventuale contributo delle aziende. Diverse invece le regole per altri due casi: i lavoratori con più di 63 anni che sono disoccupati o che decidono volontariamente l’uscita anticipata. Si tratterebbe dei lavoratori nati tra il 31 maggio del 1951 e il 31 gennaio del 1953. E che subirebbero tagli legati agli importi e alla storia contributiva di ognuno. La novità sarebbe quella di applicare la penalità solo alla parte di pensione calcolata con il metodo retributivo. Non sarebbe quindi toccato il montante costruito con il contributivo (legato cioè alla capitalizzazione di quanto effettivamente versato). Anche se in questo caso si sta ragionando su quale coefficiente di trasformazione (l’indice di capitalizzazione delle somme versate) sia da applicare e cioè se quello del momento dell’uscita anticipata o quello naturale secondo l’età di pensione prevista dalla legge. Sulle varie ipotesi è caduto ieri l’avvertimento del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che ha spiegato che “la flessibilità in uscita potrà essere perseguita solo mantenendo i conti in equilibrio. Sulla flessibilità – ha aggiunto Padoan – il governo sta esaminando ipotesi per consentire l’uscita anticipata dal lavoro proprio tenendo conto delle esigenze di chi svolge attività più usuranti. Ma qualsiasi soluzione deve essere compatibile con i vincoli di bilancio e la sostenibilità di lungo termine”.