Dpcm salva enoteche, ma ristoratori ancora all’asciutto

La categoria ha incontrato Sileri in merito alla riapertura. Per il ministero della Salute se ne riparla tra due settimane

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Il primo Dpcm firmato dal premier Mario Draghi “sana” quella che è stata definita una “iniquità” dagli enotecari italiani, di fatto salvando le 7000 enoteche che dal 6 marzo potranno vendere alcol da asporto dopo le 18 e fino alle 22, ma “condanna” i ristoranti a una morte quasi certa, visto che non prevede al momento la riapertura serale dei locali neanche nelle zone gialle per oltre un mese, Pasqua compresa. Una riapertura che, secondo i dati elaborati da Coldiretti e Filiera Italia, per ristoranti, pizzerie e agriturismi vale l’80% del fatturato.

I ristoratori aderenti a Tni Italia-Ristoratori toscani, da dieci giorni in presidio a Roma, hanno manifestato davanti al ministero della Salute: chiedono un incontro con il ministro Roberto Speranza, per capire come mai nel Dpcm dal 27 marzo sia prevista la riapertura di cinema e teatri, mentre non c’è alcun riferimento al futuro della ristorazione. A incontrare i ristoratori sono stati i sottosegretari Andrea Costa e Pierpaolo Sileri. Sileri ha aperto uno spiraglio minimo: “Rivediamoci tra due settimane per fare un upgrade della situazione e vedere come vanno le cose. L’impegno c’è, ma se mi chiedete una data purtroppo non posso darvela. Ora serve una maggiore rigidità”.

Sileri ha ribadito anche che al momento è ipotizzabile solo “aprire a cena nelle aree dove non circolano varianti in forma aggressiva e non ci sono troppi ricoveri, ovvero in zona bianca, e questo accade in Sardegna. Per il resto dell’Italia – ha detto ci vuole ancora qualche settimana, tra l’altro con l’arrivo della stagione più calda il virus potrebbe fare un passo indietro”. La richiesta dei ristoratori è che si prenda in considerazione una apertura serale dei ristoranti in concomitanza con quella di cinema e teatri. La questione della ristorazione è spinosa, perché si tratta del comparto più penalizzato dalle restrizioni imposte dal Covid, che pesa anche sul bilancio di diverse filiere agroalimentari, come quella dei formaggi di alta gamma e del vino.

E proprio la filiera del vino, composta da Confagricoltura, Cia-Agricoltori Italiani, Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Copagri, Unione Italiana Vini, Federvini, Federdoc e Assoenologi, pur esprimendo soddisfazione per la decisione riguardo le enoteche e “confermando piena e totale disponibilità al dialogo costruttivo con il nuovo Governo”, torna a sostenere la “necessità di fare un passo in avanti anche sul fronte della ristorazione, valutando la possibilità di apertura di bar e ristoranti anche a cena nelle Regioni in zona gialla e per il pranzo in quelle in zona arancione”.

Anche Federcuochi ha fatto un appello al Governo, chiedendo “con quale criterio si decide di riaprire cinema e teatri ma non i ristoranti a cena. Secondo gli ultimi Dpcm, i ristoranti sarebbero quindi luoghi sicuri a pranzo ma non a cena. E’ davvero una decisione assurda. Il mondo della ristorazione sta crollando sotto i colpi della pandemia, facciamo appello al Governo affinché non ci abbandoni e non lasci in questa drammatica agonia una tra le principali voci di bilancio del nostro Paese”, spiegano in una nota. Una delegazione dei ristoratori si è recata anche al ministero del Lavoro per presentare le richieste per salvare le imprese del mondo Horeca: 16 punti tra cui strumenti normativi straordinari per la negoziazione di canoni di locazione, equi indennizzi a fondo perduto proporzionali alle perdite, cancellazione del Durc, riduzione del cuneo fiscale, reintroduzione dello strumento del voucher per la sostituzione di lavoratori che mancano da lavoro per malattia Covid o in caso di dimissioni volontarie, riconoscimento della malattia Covid anche per le partite Iva e i soci lavoratori, Web Tax.

E se i ristoratori continuano a soffrire, le 7000 enoteche italiane dal 6 marzo potranno tirare un sospiro di sollievo: nel Dpcm si elimina lo stop alla vendita e all’asporto di alcolici dopo le 18 per gli esercizi commerciali che fanno capo al codice Ateco 47.25, ingiustamente inseriti nel precedente Dcpm tuttora in vigore fino al 5 marzo. Dal 6 marzo, fino alle 22, le enoteche potranno vendere alcol da asporto, ovviamente fermo restando il divieto di consumo sul posto. Rimane, come precisato ieri dal ministro della Salute Roberto Speranza in una nota, il divieto di asporto dopo le 18 per le attività dei bar (codice Ateco 56.3), come per gli altri esercizi commerciali della stessa tipologia.

Contraria a quanto stabilito dal Dpcm è invece la Fipe-Confcommercio, che nei giorni scorsi aveva chiesto di impedire la vendita di bevande alcoliche dopo le 18 in tutti gli esercizi commerciali, almeno nelle zone della movida. “Se l`intento del nuovo Dpcm era quello di mettere un freno alla movida selvaggia e ridurre gli assembramenti incontrollati del fine settimana, la strada scelta è la peggiore possibile”, ha commentato la Federazione italiana dei Pubblici Esercizi sottolineando: “il ministro Speranza continua a identificare il problema nei pubblici esercizi e nei bar, senza rendersi conto che i problemi si creano dove c`è libero accesso all`alcol da asporto”, visto che il Dpcm “privilegia i minimarket e punisce soltanto i bar”. askanews