Draghi in Parlamento non arretra: non è sostenibile una pace non accettabile per l’Ucraina

Draghi in Parlamento non arretra: non è sostenibile una pace non accettabile per l’Ucraina
Al centro, Mario Draghi
19 maggio 2022

Nella crisi ucraina il governo ha tre obiettivi: sostenere dal punto di vista umanitario, finanziario e militare l`Ucraina; tenere alta la pressione sulla Russia, anche attraverso sanzioni; ricercare una soluzione negoziale. Sono i principi fissati dalla risoluzione votata a larga maggioranza dal Parlamento lo scorso primo marzo e su cui non si torna indietro. Se c’era (M5s in primo luogo, ma anche la Lega) chi si aspettava, o sperava, qualche ‘apertura’ da parte di Mario Draghi, è rimasto deluso dall’informativa che il premier ha tenuto questa mattina, prima al Senato e poi alla Camera. Nel suo intervento Draghi è partito dall’analisi della situazione attuale, che vede l’esercito russo procedere “molto più lentamente del previsto” a causa della “convinta resistenza” del popolo ucraino. Però, ha sottolineato, il costo dell’invasione “in termini di vite umane è terribile” con fosse comuni in varie città, a partire da Mariupol, dove sono stati individuati 9 mila corpi. Infatti l’Italia, ha assicurato, ha offerto a Kiev sostegno “per indagare su possibili crimini di guerra”. Inoltre quasi 14 milioni di ucraini hanno dovuto lasciare le loro case e 116 mila sono arrivati in Italia, da cui è giunta una “meravigliosa manifestazione di amore e di efficienza collettiva”.

Adesso, per il presidente del Consiglio, occorre “raggiungere il prima possibile un cessate il fuoco e far ripartire con forza i negoziati” e il colloquio del Capo del Pentagono Austin con il ministro della Difesa russo Shoigu, avvenuto il 13 maggio, rappresenta “un segnale incoraggiante”. Anche dopo l'”atto ostile” dell’espulsione di 24 diplomatici italiani, il governo intende “mantenere canali di dialogo” con Mosca perché è “soltanto da questi canali che potrà emergere una soluzione negoziale”. Però, è l’avvertimento del premier rivolto a quanti criticano l’invio di armi, “se oggi possiamo parlare di un tentativo di dialogo è grazie al fatto che l’Ucraina è riuscita a difendersi” e dunque “l’Italia continuerà a sostenere il governo ucraino nei suoi sforzi per respingere l’invasione russa”. Lo farà “in stretto coordinamento con i partner europei”, nella consapevolezza che “ne va non solo della solidità del legame transatlantico, ma anche della lealtà all’Unione Europea”. E su questo, fa capire, il governo non ha intenzione di farsi imbrigliare dai partiti perché, appunto, c’è un preciso mandato nella risoluzione e perchè “ha riferito più volte al Copasir che ha sempre riscontrato la coerenza del sostegno offerto rispetto alle indicazioni e agli indirizzi del Parlamento”.

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Parole che trovano il pieno sostegno di Italia viva e del Pd (per Enrico Letta Draghi ha detto “parole giuste” e la maggioranza deve “evitare divisioni”) ma che non sono affatto gradite al M5s. Giuseppe Conte dice no a nuovi invii di armi, mentre il capogruppo alla Camera Davide Crippa chiede che il Parlamento “possa esprimersi nuovamente con un voto” perché l’invio di forniture militari “dopo 85 giorni di guerra non è efficace per costruire la pace”. Sulle armi è critico anche il leader della Lega Matteo Salvini. “Chi continua a parlare solo di armi e guerra non fa il bene dell’Ucraina”, ha detto, suggerendo poi a Draghi tre proposte: chiedere a Putin lo sblocco dei porti e un cessate il fuoco di 48 ore e sostenere la candidatura di Odessa per Expo 2030. Sul tema, nell’Aula del Senato, va in scena anche la netta divisione tra il Carroccio e Fdi, che ribadisce invece il pieno sostegno a Kiev. Ignazio La Russa, nel suo intervento, non rinuncia a “pungere” l’alleato leghista: “Noi che vogliamo la legittima difesa in casa nostra, come possiamo non ritenere legittima la difesa di chi è invaso nella casa della sua Nazione?” Pronta la replica di Salvini: “Quando qualcuno in quest’Aula rinnova l’invito a inviare altre armi e al massimo gli operai italiani tireranno la cinghia, io non ci sto”.

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Se il tema degli aiuti militari era il più “spinoso”, non meno rilevante per il presidente del Consiglio è quello delle conseguenze del conflitto. In primo luogo alla crisi umanitaria dovuta all’invasione russa “rischia di aggiungersi una crisi alimentare”, con una “minaccia” alla “sicurezza alimentare di milioni di persone”. Per questo serve “una iniziativa condivisa tra tutte le parti che sblocchi immediatamente i milioni di tonnellate di grano bloccati nei porti del sud dell’Ucraina”. Per quanto riguarda l’energia, ha rivendicato, “ci siamo mossi rapidamente per ridurre la quota che importiamo dalla Russia di gas naturale”. In più l’esecutivo ha agito con la “massima determinazione per eliminare i vincoli burocratici che limitano l’espansione delle rinnovabili”. Sulla base di questi due pilastri, “le stime del Governo indicano che potremo renderci indipendenti dal gas russo nel secondo semestre del 2024”. Infine “il governo ha adottato misure molto sostanziose per tutelare le imprese e le famiglie dai rincari energetici”. Questa dunque la linea (ferma) del governo, che attraverso l’invio di armi, una opera di “deterrenza” della Nato e una “pressione alta” con le sanzioni, vuol portare Mosca al tavolo delle trattative per “una pace duratura”, sul modello degli accordi di Helsinki, come aveva già proposto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che piaccia o meno a tutte le forze di maggioranza.

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