Le armi e le sanzioni sono necessarie e fondamentali per costringere la Russia alla pace e il G7 continuerà a sostenere l’Ucraina fino a quando sarà necessario. Il presidente del Consiglio Mario Draghi arriva in conferenza stampa al castello di Elmau in Baviera al termine di un summit che definisce “un successo” per la “piena coesione e unità” dimostrata dai leader. Al centro dei lavori degli ultimi tre giorni c’è stato, naturalmente, il conflitto, con la “preoccupazione” per l’avanzata dell’esercito russo e i bombardamenti delle ultime ore su Kiev e Kremenchuk. Ieri, intervenendo in collegamento, il presidente Volodymyr Zelensky ha parlato di 3.800 missili lanciati dalla Russia dall’inizio del conflitto, ma si è detto anche “fiducioso” per l’esito di un contrattacco che dovrà essere lanciato. Dal G7, Zelensky ha avuto l’assicurazione di un pieno sostegno, anche per quanto riguarda le forniture militari. “Non c’è pace se l’Ucraina non riesce a difendersi” e il G7 “è disposto a sostenere Kiev per tutto il tempo necessario”, ha detto Draghi, ribadendo il concetto anche in inglese.
L’altro pilastro della strategia è quello delle sanzioni, che sono “essenziali per portare la Russia al tavolo dei negoziati” per una pace che “dovrà essere quella che vorrà l’Ucraina”. E se al momento un cessate il fuoco appare lontano, “dobbiamo essere pronti a cogliere gli spazi negoziali, se dovessero presentarsi”. Un obiettivo che pare più vicino rispetto a qualche settimana fa è invece quello relativo allo sblocco del grano fermo nei porti ucraini, alla base di una crisi alimentare globale. Ieri il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha fatto il punto con i leader, mostrando un cauto ottimismo. Innanzitutto, non sarà necessario sminare i porti, perchè esistono “corridoi sicuri” e poi la Russia avrebbe accettato l’intervento internazionale (con Onu e Turchia in prima fila) per garantire l’operazione. “Quello che tutti stanno aspettando è il sì finale del Cremlino che dovrebbe arrivare molto presto, ha detto Guterres. Queste notizie – per Draghi – ci fanno sperare bene ma è prematuro essere troppo ottimisti”.
Un punto su cui, a Elmau, il presidente del Consiglio e la delegazione italiana hanno fatto molta pressione è quello relativo all’inserimento nella dichiarazione finale della necessità di un tetto al prezzo di petrolio e gas. I ministri dei Paesi membri, secondo l’intesa raggiunta, si metteranno al lavoro per studiare la fattibilità delle due misure, mentre la Commissione Ue si è detta disponibile ad “accelerare” il suo lavoro per il price cap sul gas che, per il momento, è previsto in agenda al Consiglio Ue in ottobre. Se la decisione di Bruxelles, invece, arriverà prima “siamo ovviamente contenti. L’importante è che questa decisione abbia una base solida, su cui ci si possa scambiare considerazioni razionali e non solo psicologiche”, ha commentato Draghi, con una ‘punzecchiatura’ ai Paesi cosiddetti ‘frugali’, che si oppongono al tetto. Al termine della conferenza stampa Draghi è ripartito per Madrid, dove stasera inizia un vertice Nato che dovrebbe portare all’allargamento a Finlandia e Svezia. “Ci troviamo con una Ue più unita, una Nato più unita e più grande, tutti i Paesi limitrofi della Russia che cercano protezione, le cose non sono andate come voleva Putin”, ha notato, sottolineando l’isolamento del leader russo.
“Putin non verrà al G20, il presidente Widodo lo esclude, forse farà un intervento in video-collegamento”, ha detto, provocando l’immediata reazione del Cremlino, secondo cui Putin ha ricevuto l’invito e “non è il presidente del Consiglio italiano a decidere sulla sua partecipazione al vertice”. La prossima settimana Draghi sarà ad Ankara per un bilaterale con Erdogan che chiuderà venti giorni quasi consecutivi di impegni internazionali: da Gerusalemme a Kiev, da Bruxelles alla Baviera, prima della Spagna e della Turchia. Ad attenderlo al rientro in Italia ci saranno le tensioni politiche tra le forze di maggioranza, sia nel M5s che nel centrodestra, e soprattutto le questioni economiche. Anche se al momento “non è prevista una recessione”, l’inflazione mette a dura prova famiglie e imprese e in programma (a breve ma ancora senza una data) c’è già una convocazione delle parti sociali, per trovare un’intesa per difendere il potere di acquisto e la produzione e scongiurare un autunno caldo.