E’ il tempo uno dei principali alleati di Mario Draghi nel percorso che potrebbe portarlo al Quirinale. I giorni passano e al momento, sul tavolo, la sua è l’unica vera “candidatura” presente, anche se mai espressa ufficialmente. E non può essere un caso che dopo il New York Times, all’ex numero uno della Bce sia arrivato anche l’endorsement del Financial Times, che nota, in caso di nuovo incarico, la possibilità dei “considerevoli poteri dell’ufficio e la sua persuasione morale per mantenere il Paese sulla buona strada”. Draghi tace, ormai da dieci giorni, ma questo non vuol dire che non si stia muovendo, con incontri e contatti. E con il passare dei giorni sembrano ridursi le ‘resistenze’ dei partiti, quantomeno per assenza di altre soluzioni. Del resto anche ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, parlando al plenum del Csm, ha ribadito la sua volontà di lasciare il Colle, formulando “gli auguri più intensi per le attività che il Consiglio svolgerà nei prossimi mesi con la presidenza di nuovo capo dello Stato”.
Il segretario del Pd Enrico Letta a Radio Immagina ha ribadito che “vogliamo fare un accordo col centrodestra, su un nome in linea con quello che Sergio Mattarella è stato”. Tra i Dem non tutti sono convinti dell’opportunità di votare Draghi, ma alla fine, secondo quanto si apprende, i dubbiosi si stanno convincendo. Per quanto riguarda il Movimento 5 stelle, la situazione è estremamente fluida. L’altro ieri mattina il leader Giuseppe Conte sull’ipotesi Draghi aveva detto “no”, posizione poi ammorbidita già in serata. Ieri ha incontrato Matteo Salvini, per parlare “di Quirinale e di governo, chiarendo i propri punti di vista”. Certo a bloccare i giochi, in questo momento, è la situazione del centrodestra. Silvio Berlusconi è rimasto ad Arcore. L’operazione “scoiattolo” che avrebbe dovuto portarlo al Quirinale sembra essersi impantanata, ma il passo indietro o di lato del Cav ancora non c’è stato. Dovrebbe però sciogliere la riserva prima dell’inizio del voto alla Camera, previsto per le 15 di lunedì, e contemporaneamente cercare di ritagliarsi il ruolo di kingmaker.
“Questa è una pausa di riflessione che può utilizzare per trovare un nome da indicare al posto del suo. Immagino che questo nome possa uscire prima di lunedì”, ha detto oggi Vittorio Sgarbi, protagonista nei giorni scorsi delle telefonate per convincere i parlamentari. “Al momento – riflette un esponente di governo – il nome di Draghi è in cima alla lista. Quindi, se non ci fossero colpi di scena, alla fine potrebbe essere eletto anche in una delle prime votazioni. Però tre giorni, in questa partita, valgono come tre settimane, vedremo”. Il problema principale, per trovare la quadratura del cerchio, è quello di mettere a punto un ‘pacchetto’ pronto per un eventuale nuovo governo.
Se Draghi fosse eletto, a guidare temporaneamente l’esecutivo in quanto ministro anziano sarebbe Renato Brunetta. Poi il nuovo presidente dovrebbe aprire subito le consultazioni. L’ipotesi di un governo dei leader, in un lungo anno di campagna elettorale, non sembra trovare grandi estimatori. Una soluzione potrebbe essere quindi una sostanziale conferma dell’attuale assetto, con un nuovo premier. Tra i nomi che girano con maggiore insistenza ci sono quelli di Marta Cartabia, di Vittorio Colao, ma anche quelli di Dario Franceschini e Lorenzo Guerini (considerati però troppo “politici”) e di Paolo Gentiloni, che però aprirebbe un giro di poltrone in Europa non facile da gestire. Intanto però c’è da mandare avanti l’attività di governo. Oggi alle 9 è convocata la cabina di regia e subito dopo si riunirà il Consiglio dei ministri per varare il decreto sui nuovi sostegni e contro il caro-bollette. Poi Draghi firmerà il nuovo Dpcm sul green pass. Saranno i suoi ultimi atti a Palazzo Chigi?