[gallery ids="228231,228232,228233"] Il Teatro Massimo di Palermo vibra in questi giorni della passione e del calore della Ville Lumiere. Le luci gioiose che decorano il teatro in questo clima pre Natalizio ben gareggiano con quelle del Quartiere Latino Parigino. I cafè sono pieni, la gente per strada pensa ai prossimi regali e gioiosamente si saluta. Non sappiamo se un Rodolfo, un Marcello, una Mimì o una Musetta, un Colline o uno Schaunard, si aggirano anch’essi a Piazza Verdi, certo è che la loro storia raccontata da Puccini nella Bohème è comunque universale, immortalata da una musica che strappa l’anima e al tempo stesso ti fa sorridere e gioire. Bohème, forse l’opera più conosciuta, amata e rappresentata del grande compositore verista: dramma e spensieratezza, miseria e ricchezza d’animo e sentimenti; questa è Bohème e questo il Teatro Massimo invita a vivere sino al 23, grazie anche alla straordinaria direzione di Daniel Oren e artisti sensibili e appassionati. Primi tra tutti Matthew Polenzani, ascoltato, insieme a Vincenzo Taormina, la sera del 16.
Il tenore italo americano, beniamino del Metropolitan di New York, dove è di casa, e il baritono palermitano incarnano perfettamente Rodolfo e Marcello, il poeta e il pittore, la coppia di amici allegra e scanzonata, che insieme, al filosofo Colline Marko Mimica e al linguista Schaunard, dividono una soffitta nel quartiere latino di Parigi. Le voci di entrambi ben si fondono e alternano nei momenti lirici come in quelli gioiosi. Polenzani disegna con calore appassionato, in particolare nel terzo e quarto atto, lo struggimento dell’amore di Rodolfo, il cui grido straziante finale tocca talmente il pubblico da far partire l‘applauso prima ancora che la musica finisca. Vincenzo Taormina è un Marcello di statura, non solo fisica, ma vocale principalmente. Il bel colore baritonale lo si percepisce tra i lazzi del primo e secondo atto, ma lo si apprezza molto più nel terzo e quarto.
Negli stessi ruoli Vincenzo Costanzo e Vittorio Prato, anche loro appassionati Rodolfo e Marcello, Vincenzo Costanzo in particolare, supportato da un caldo timbro tenorile che deve però ancora trovare la strada verso il registro acuto. Le vicende dei due amici scorrono tra le belle scene e i costumi di Francesco Zito e la regia di Mario Pontiggia, ben ripresa da Angelica Dettori, riportano alla Parigi Fin de Siecle, alla gaia, ma sofferta vita di Bohème, dove la gioventù, pur volendo non riesce a fermar.e la morte. Nulla può infatti la dolce Mimì contro il male che l’affligge, se non cercare di vivere il tempo che le è concesso riscaldata dall’amore di Rodolfo. Un amore che sembra sbiadire quando la serietà del male della giovane fioraia colpisce lo spensierato poeta, ma che rinasce più forte e consapevole anche se ci si prepara alla separazione definitiva. Puccini gioca con le corde dell’animo umano sottolineando ogni cambiamento d’umore dei personaggi con una musica ora allegra, ora suadente, ora seducente, sino a culminare nello strazio doloroso della morte. Mimì, così come un’altra eroina pucciniana, Butterfly, esala l’ultimo respiro nel tripudio dell’orchestra, con il suo nome gridato dall’amato. Una consacrazione per una vita spezzata troppo presto. Mimì, la fanciulla che non sa perché la chiamino così, capace di inebriarsi al primo raggio di sole primaverile, cui “piaccion quelle cose che han si dolce malia…”, “… che han nome poesia…”.
Queste sono le eroine pucciniane, fanciulle, donne, comuni, che conquistano e si lasciano conquistare dalle piccole cose, dai piccoli gesti, dai “sogni”, dalle “chimere”, dall’amore, e ad esso si danno, tutte, senza risparmiarsi. E tutto ciò Puccini lo descrive vividamente attraverso la sua musica. Daniel Oren sottolinea ognuna di queste sottili trame portando l’orchestra a diventare parte integrante del canto. Attento agli interpreti, ottimo conoscitore di voci, sa cosa chiedere e come ottenerla da loro, mettendo in evidenza le peculiarità di ognuno. Tre cast differenti con cui lavorare è sicuramente una sfida non indifferente che il Maestro Oren vince su tutti i fronti. Bene tutti pur nelle loro differenze e appunto nei loro punti di forza. La Mimì di Valeria Sepe vince ad esempio per la sicurezza nel salire e nel controllo delle note alte, ma non totalmente nel controllare una voce piena, potente, e quindi poco avvezza al disegnare le diverse nouances, necessarie ai ruoli pucciniani. C’è da dire comunque che Valeria Sepe è stata sottoposta ad un tour de force iniziale dovendo sostituire all’ultimo minuto Marina Rebeka, ammalatasi di tracheite proprio la sera della generale.
Più puccinaiana, intima invece, la Mimì disegnata da Roberta Mantegna – ascoltata il 15 sera – non sempre sicura, ma più modulata e attenta alle dinamiche, molto ben sottolineate sotto la guida attenta di Oren. Di contro alla tenera Mimì, la spregiudicata, ma “buona di cuore”, Musetta che ama vivere allegramente, anche i suoi amori, con leggerezza, forse proprio perché conscia del fatto che la vita è breve e va goduta e meno avvezza “alle piccole cose”. Hasmik Torosyan, già apprezzata Susanna, nelle Nozze di Figaro di qualche mese fa, è una Musetta che fa scintille, briosa, pungente, ironica e soprattutto seducente. Il povero Marcello non ha scampo e giustamente capitola al termine del suo “Quando men vo…”. Jessica Nuccio da par suo disegna invece una Musetta un po’ petulante, quasi dispettosa, pronta a render pan per focaccia al suo Marcello: lo scambio di paroline dolci – “Pittore da bottega… Vipera… Rospo… Strega” – del terzo atto rende perfettamente l’idea del personaggio.
A loro fianco il duo Colline - interpretati da Marko Mimica (16) e Antonio Di Matteo (15) - e Schaunard - Christian Senn (16) e Italo Proferisce -. Personaggi tutt’altro che marginali, ma sorta di sapienti pronti ad equilibrare le controversie degli amici Rodolfo e Marcello. Completavano i cast il bravo Angelo Nardinocchi nei doppi panni di Benoit, il padrone di casa e Alcindoro, momentaneo amante di Musetta, Pietro Luppina e Domenico Ghegghi, come Parpignol, il venditori di giocattoli, Giuseppe Toia, Gaetano Triscari, Alfio Marletta, Salvo Randazzo. Menzione speciale per il Coro di voci bianche e il Coro del Massimo perfetto nel secondo e terzo atto. Per godere di questa Bohème ancora tre giorni, oggi, domani e domenica. Poi tutti a festeggiare la Vigilia anche se non da Momus.