Duro colpo al clan mafioso dei Santapaola di Catania, 54 arresti. Contrasti interni per la leadership

Ricostruiti l’organigramma e gli affari del gruppo malavitoso

Carabinieri-Radiomobile

Un duro colpo al clan mafioso dei Santapaola di Catania è stato inferto dai carabinieri etnei che hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip etneo su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia etnea nei confronti di 54 persone. Di queste, 40 sono finite in carcere e 14 agli arresti domiciliari. Il provvedimento è stato eseguito da oltre 200 militari del Comando Provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati (Compagnia di Intervento Operativo del XII Battaglione “Sicilia”, Nuclei Cinofili ed Elicotteri), su tutto il territorio nazionale, ed ha riguardato figure di vertice e semplici affiliati del clan Santapaola-Ercolano attivo nel capoluogo etneo con ramificazioni in tutta la provincia catanese, responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti, rapina. L’indagine, condotta dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Gravina di Catania dal 2014 al 2016 è scattata sulla base di intercettazioni emerse da un procedimento in corso per associazione per delinquere finalizzata alle estorsioni. Nello specifico, il 15 maggio 2013, in seno a questo procedimento, emergeva che per cause legate a contrasti interni conseguenti all’acquisizione della leadership del gruppo mafioso di San Giovanni Galermo, gli indagati Vincenzo Mirenda, suo fratello Arturo ed un altro indagato si erano posti alla ricerca dell’altro affiliato Vittorio Fiorenza al fine di ucciderlo. Non trovandolo in casa, però, i due minacciarono i suoi familiari.[irp]

A seguito di questo episodio si è avviata una complessa indagine sui fratelli Mirenda che ha consentito di far piena luce anche sulle condotte criminali di un articolato gruppo di spacciatori che, capeggiati da Alessandro Palermo, si occupavano dell’acquisto di cospicue quantità di stupefacente da destinare sulle piazze dei comuni dell’hinterland nord della provincia tramite pusher locali. Le intercettazioni ambientali hanno permesso di appurare come l’alternanza delle figure di vertice, inevitabile a seguito degli arresti che si susseguivano, portava gli affiliati a porsi immediatamente alle dipendenze del nuovo responsabile, come nel caso di Francesco Lucio Motta, il quale, dopo l’arresto di Vincenzo Gazzetta, detto “Enzo il biondo”, si poneva prima agli ordini di Salvatore Fiore “Turi ciuri” e, dopo l’arresto di questi, alle dipendenze di Salvatore Gurreri “il puffo” ed infine dell’ultimo responsabile del gruppo di San Giovanni Galermo individuato nel corso delle indagini, ovvero Vincenzo Mirenda “Enzo patata”. Fiore era figura di spicco in seno al clan mafioso di riferimento, anche dopo il suo arresto avvenuto ad aprile 2013 come emergeva dal fatto che, a seguito degli attriti tra i due fratelli Mirenda su chi dovesse assumere la leadership del gruppo mafioso, il primo per tentare di scalzare il fratello Vincenzo ed avere una posizione di rilievo nel gruppo cercava proprio l’appoggio di Fiore, tramite della moglie di questi che fungeva da messaggera durante i colloqui in carcere. Dalle articolate indagini è emersa la struttura del gruppo, le posizioni di vertice ed i ruoli degli affiliati nell’ambito del clan malavitoso, ed è stato anche ricostruito l’ingente volume di affari illegali del gruppo nei settori delle estorsioni e rapine ai danni di imprenditori e commercianti, e del traffico di sostanze stupefacenti.[irp]