E’ morta a 89 anni Lea Pericoli, la signora del tennis italiano. Signora in campo, regina in campo e maestra di eleganza, è stata una delle prime donne a raccontare il tennis su giornali e in tv dopo averlo giocato ai massimi livelli. Classe e stile hanno caratterizzato tutta la sua storia come ricorda nel suo omaggio la federtennis. La storia della campionessa da record del tennis italiano, con 27 titoli all’attivo nei campionati nazionali in singolare, doppio e doppio misto. Nei tornei del Grand Slam, ha raggiunto quattro volte gli ottavi al Roland Garros (1955, 1960, 1964 e 1971) e tre volte sull`erba di Wimbledon (1965, 1967 e 1970).
Numero 1 d’Italia per 14 anni tra il 1959 e il 1976, record assoluto, e per altre quattro volte numero 2 (1960, 1961, 1962 e 1973). Ha giocato 29 incontri in nazionale, con un record di otto vittorie in singolare e sei in doppio. Agli Internazionali d`Italia è stata semifinalista nel 1967, ha raggiunto 4 volte i quarti di finale (1959, 1962, 1969 e 1971) e 8 volte gli ottavi (1953, 1955, 1960, 1963, 1964, 1965, 1970 e 1972). Ha giocato cinque finali in doppio a fianco di Silvana Lazzarino (dal 1962 al 1965 e nel 1967). Con lei, ha tenuto a battesimo la formazione azzurra a Londra nel 1963.
La sua vita è stata un’avventura, iniziata ad Addis Abeba, dove il padre trasferisce la famiglia in seguito alla Guerra d`Etiopia. E’ lui a darle la prima racchetta. E’ iniziato un lungo amore con il tennis continuato in Kenya, dove viene mandata a studiare, e poi in giro per il mondo. A 17 anni, mentre è in vacanza in Versiglia dove insegnava il padre di Paolo Bertolucci, capisce che quel suo amore può diventare qualcosa di più e sceglie il tennis come carriera. “Chi cerca diventare un campione combatte una guerra continua: è uno sport molto educativo che mi ha insegnato molto” ha detto. Con lo stesso spirito ha sfidato i pregiudizi, affrontato e sconfitto due tumori: un carcinoma all’utero nel 1973 e un cancro al seno nel 2012.
Così Lea Pericoli raccontava la sua vita indimenticabile come scrive la federtennis: “Wally Sandonnino, l`ex campionessa diventata grande maestra che lavorava per la Federazione, mi acchiappò mentre stavo allenandomi su uno dei campi del parco del Foro Italico. “Ha fatto ginnastica?` mi disse. Io candidamente risposi “Noà” “Allora venga con me” mi disse. Io la seguii. E mi fece fare su e giú con le gambe, quello che oggi mi dicono chiamarsi `squat`, non so quante volte. Minimo 50, 100, 200 à Io, che ero secchiona e volevo far vedere che ero brava e ubbidiente, ce l`avevo messa tutta. Il giorno dopo ero massacrata, morta. Era il giorno della mia prima partita agli Internazionali (oggi BNL) d`Italia. E dovevo affrontare Maureen Connollyà”.
“La Connolly era fortissima, non sbagliava mai: era una macchina della regolarità. Io non avrei comunque potuto far niente contro di lei, ma quel giorno, dopo la `cura Sandonnino` avevo male dappertutto, ero paralizzata. Giocammo, mi ricordo, non sul Centrale ma su uno dei campi secondari, sotto i pini. Il n.2 forse. C`era comunque un mucchio di gente, perché lei era brava e io ero bellina e avevo le mutande di pizzo”. Ecco l`altro aspetto del `mito Pericoli` agli Internazionali d`Italia, quello della giovinezza seducente e sexy, della tennista `di mondo`, spigliata, intraprendente che sa di piacere e gioca scientemente anche quella partita.
“Io cominciai a farmele fare da subito, le mutandine col pizzo: mi piaceva indossare cose carine. L`anno della partita con la Connolly al Foro Italico c`era chi mi lanciava frecciatine perché giravo sempre con Dinny Pails, il campione australiano divenuto poi grande tencico. Dicevano che si era perdutamente innamorato di me. La verità è che ero l`unica che parlava inglese e quando mi conobbe chiese subito alla Federazione che gli facessi da interprete. Tinling mi vestì per Wimbledon. Successe la fine del mondo. Quando lasciammo l`Africa, la mia famiglia che là era molto benestante (intorno a casa avevamo un parco col campo da tennisà) dovette ridimensionarsi. L`azienda di mio padre era persa. Il primo lavoro lo trovai da sola. Walter Chiari, era pazzo di tennis: veniva a prendermi per giocare”.
Lasciata la racchetta per la penna ed il microfono, aveva confermato la sua classe innata in ambito giornalistico segnalandosi per competenza, professionalità e buon gusto. In tv fu la prima donna a commentare una partita di tennis su Telemontecarlo. E scrisse per ‘Il Giornale’, dopo essere stata scoperta da Indro Montanelli. Appassionata giocatrice di golf, non va dimenticato il ruolo di testimonial nella lotta al cancro, nel quale l’aveva coinvolta Umberto Veronesi: malattia che aveva vissuto sulla propria pelle, e battuto. Nel 1973, sei mesi dopo l’operazione per un carcinoma, riconquistò il titolo italiano.