E’ morto a 100 anni nella sua casa di Philadelphia, negli Stati Uniti, lo psicoterapeuta Aaron T. Beck, che ha introdotto un metodo innovativo nel trattare la depressione, l’ansia e molti disordini mentali correlati. Il New York Times ricorda che da giovane psichiatra di formazione analitica freudana, sul finir degli anni Cinquanta, Beck iniziò a spingere i pazienti a concentrarsi sulle distorsioni nel pensiero quotidiano, anziché sui conflitti radicati nell’infanzia come l’analisi tradizionale fa.
Egli scoprì così che molte persone avevano quelle che egli chiamò “pensieri automatici”, ossia assunzioni mai messe in discussione come “Sono sfortunato in amore” o “Sono sempre stato socialmente incapace”, che possono innescare autocritiche, disperazione e tentativi di auto-boicottaggio, contrastati con atteggiamenti come la promiscuità o l’alcolismo. Il dottor Beck capì che poteva mettere in discussione simili assunzioni spingendo i pazienti a vivere esperienze alternative, ad esempio socializzare senza ricorso all’alcol, che permettevano loro di raccogliere ricordi di rapporti sani e modificare la percezione di sé. Steven Hollon, psicologo alla Vanderbilt University, ha detto che Beck “ha fondamentalmente salvato la psicoterapia da se stessa”.