E morto a Roma a 97 anni Arnaldo Forlani: uomo simbolo dell’ultima stagione della Democrazia Cristiana di cui è stato a lungo segretario e presidente. E anche presidente del Consiglio, vicepresidente del Consiglio, ministro. Oltre a esserne uomo di mediazioni e lodi interni alla Balena Bianca e fra i partiti di governo, tessitore e capo della corrente dorotea del partito di piazza del Gesù è stato da sempre avversario di ogni alleanza con il Partito Comunista. Ha inventato il “preambolo” come metodo di accordo politico per realizzare maggioranze interne alla Dc e formare governi. Suo anche il copy right delle “convergenze parallele” fra forze politiche.
E’ stato fra i protagonisti con Bettino Craxi e Giulio Andreotti del “Caf” (Craxi-Andreotti-Forlani): il patto di potere che negli anni ’80 ha governato il Paese con una formula di governo pentapartita (Dc-Psi-Psdi-Pri-Pli) che teneva il Pci all’opposizione, dopo l’avvicinamento Dc-Pci prima del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro. Forlani fu travolto in pieno da Tangentopoli che ne segnò la fine politica. Difese fino ad avere la bava alla bocca in Tribunale il suo operato di segretario e quello del suo segretario amministrativo Severino Citaristi dalle accuse di tangenti di Antonio Di Pietro e del pool Mani pulite. “Coniglio Mannaro” lo aveva definito Pansa: perché ai modi dimessi, ai toni e gli sguardi bassi, le parole spesso vuote per non rivelare nulla, ha sempre unito una determinazione e un piglio felini traditi da una frequente espressione a denti stretti e digrignati .
Nato a Pescara l’8 dicembre 1925, dopo si era nuovamente ritirato per anni dopo le dimissioni da segretario Dc in seguito alle accuse per Tangentopoli, Forlani con i suoi 97 anni suonati risulta essere stato finora il presidente del Consiglio più longevo della storia della Repubblica italiana. Non gli sono sopravissuti nessuno dei suoi fratelli-coltelli di Democrazia Cristiana (Giulio Andreotti, Ciriaco De Mita, Antonio Gava) e di pentapartito (Bettino Craxi, Giovanni Spadolini, Renato Altissimo ) che con lui condivisero il potere politico in Italia negli anni ’80.
Forlani nella Dc era cresciuto nel dopo guerra alla scuola di Amintore Fanfani, di cui era più giovane braccio esecutivo nella corrente delle “Nuove Cronache”. Da lui con clamore abbandonata e di fatto svuotata agli inizi degli anni ottanta, con la confluenza insieme ad Antonio Gava e Vincenzo Scotti nella corrente del “Grande Centro” che divenne fulcro del potere interno alla Dc in equilibrio ma soprattutto in contrapposizione alla sinistra Dc di Zaccagnini De Mita Martinazzoli Bodrato Mancino e del più giovane Mattarella, rimasta tragicamente orfana di Aldo Moro. E’ stato segretario della Dc in due diversi cicli: una prima volta nel quadriennio 1969-1973; una seconda nel triennio 1989-1992. Fra l’una e l’altra è stato presidente del Consiglio nazionale del partito: la delicata carica ricoperta da Aldo Moro quando fu rapito e ucciso dalle Brigate Rosse.
Nei Governi italiani repubblicani, poi, Forlani ha fatto en plein di tutte le principali cariche: presidente e vicepresidente del Consiglio; ministro degli Esteri, ministro della Difesa, ministro delle Partecipazioni statali. Non è riuscito invece, al pari dei suoi alleati-rivali Bettino Craxi e Giulio Andreotti, a diventare Presidente della Repubblica. Nel tragico 1992 dopo le dimissioni dal Quirinale di Francesco Cossiga, veti incrociati fra lui Andreotti e Craxi esercitati da rispettivi e reciproci franchi tiratori impallinarono tutte e tre le candidature. E paralizzarono l’elezione del successore di Cossiga. Sbloccate solo dalle bombe della tragedia di Capaci che fece eleggere al Quirinale in meno di 24 ore il da poco presidente della Camera ed ex ministro della Camera senza correnti Oscar Luigi Scalfaro, inviso a tutti e tre i contendenti ma proprio per questo unico nome di possibile rapida convergenza a fronte dell’attacco al cuore dello Stato portato dalla mafia a Capaci.
Il combinato disposto degli avvisi di garanzia di Tangentopoli e l’elezione fratricida di Scalfaro portarono alla fine prima del Caf e poi del sesto governo Andreotti che ne era stato l’ultimo prodotto dopo i due di Bettino Craxi e quello di Giovanni Spadolini, primi presidenti del Consiglio non dc della storia repubblicana. Era nato nel 1981 a Milano in un camper (passato appunto alla storia come “patto del camper”) parcheggiato nel piazzale delle ex fabbriche ex Ansaldo dove Craxi riuniva il 45esimo congresso Psi e Forlani e Andreotti erano ospiti. Formalmente serviva a sancire la “pari dignità” nel pentapartito fra Dc e partiti laici nelle alleanze di governo insieme, Politicamente segnava la fine della premiership nel Paese e della leadership nella Dc di Ciriaco De Mita e del centrosinistra.
Lo stesso Ciriaco De Mita con il quale, invece, una decina di ani prima (1969) Forlani in nome del ricambio generazionale interno alla Dc aveva realizzato il “patto di san Ginesio” dando vita al primo storico “preambolo”: per fissare nero su bianco i punti di intesa fra posizioni politiche storicamente diverse se non alternative. La più pura essenza politica dc, insomma, che Arnaldo Forlani ha incarnato come pochi altri.