È morto all’alba di oggi nella sua casa di Milo in provincia di Catania Franco Battiato. Il cantautore catanese aveva 76 anni compiuti lo scorso 23 marzo, ed era malato e da tempo. Il primo a dare la notizia è stato con un tweet il direttore di “Civiltà Cattolica”, Antonio Spadaro. La conferma è arrivata successivamente dal sindaco di Milo, Alfio Cosentino. “Franco era un amico, la sua scomparsa è una grande perdita”: dice il sindaco Cosentino, a proposito dell’artista che abitava da tempo nel paesino alle pendici dell’Etna. “Mi ha chiamato un amico e dopo avere fatto una verifica ho appreso del suo decesso avvenuto questa mattina intorno alle 5”.
Francesco (Franco per non confondersi con Guccini) Battiato resterà per molti un “Centro di gravità permanente”, come recita uno dei suoi brani più famosi. La sua morte lascia un vuoto incolmabile nella musica italiana a cui ha regalato brani indimenticabili come “La cura”, “Voglio vederti danzare” o “Bandiera Bianca”. Aveva 76 anni il poeta e cantautore siciliano, unico cantante pop che non ha mai sbandierato la sua spiritualità ma vissuta sempre nel profondo. Vegetariano, praticava la meditazione. Non aveva una spirituale confessionale ma la comunicava spaziando tra la mistica cristiana e altre spiritualità che traduceva in ricerca musicale. Un musicista sensibile ai valori spirituali e della musica capace di comunicare.
Era nato a Jonia il 23 marzo del 1945 ed era malato da tempo di Alzhaimer. Battiato era assente dalle scene musicali e artistiche dal 2017, quando un incidente domestico lo costrinse a interrompere concerti e tour. Si era rifugiato nella sua villa alle pendici dell’Etna ed era circondato dai suoi familiari. Nel 2015 una caduta dal palco, poco prima dei suoi 70 anni, era stato uno dei primi avvertimenti dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Ha spaziato tra una grande quantità di generi, dalla musica pop a quella colta. Dopo l’iniziale fase pop degli anni sessanta, è passato al rock progressivo e all’avanguardia colta nel decennio seguente. Successivamente, è ritornato sui passi della musica leggera approfondendo anche la canzone d’autore. E poi la musica etnica, quella elettronica e l’opera lirica. Da Milva ad Alice passando per Giuni Russo fino ad arrivare a Colapesce e Di Martino. Si poteva ascoltare a diversi livelli dai motivetti come “Cuccuruccu” a chi ne cantava la profondità come in “Povera Patria”.
Le sue prime esperienze musicali a Milano, dove si era trasferito a partire dal 1964 al “Club 64”, dove c’erano Paolo Poli, Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Renato Pozzetto e Bruno Lauzi. Nel pubblico ad ascoltare la sua musica filobarocca c’era Giorgio Gaber “che mi disse: “Vienimi a trovare”. Il giorno dopo andai. Diventammo amici”. E non solo, fu proprio Gaber a procuragli il suo primo contratto discografico. Lontano da atteggiamenti militanti è stato assessore nella giunta Crocetta della Regione siciliana, esperienza finita in modo burrascoso. Alcuni dei suoi brani sono entrati ormai nella storia del costume: l`era del cinghiale bianco, prospettiva nevskij, centro di gravità permanente, bandiera bianca, cuccurucucù, voglio vederti danzare, la stagione dell`amore, e ti vengo a cercare, povera patria, la cura.
Battiato è stato un precursore della musica elettronica, era un cultore di musica classica e sinfonica che nei suoi racconti sembra essere praticamente l’unica musica che ascoltava. Però la lista delle sue collaborazioni va da Claudio Baglioni ai CSI, da Enzo Avitabile a Pino Daniele, dai Bluvertigo a Tiziano Ferro, Celentano, Subsonica, Marta sui Tubi, senza contare il decisivo ruolo svolto nelle carriere di Alice e Giuni Russo. I giovani vedono ancora oggi in lui un modello di originalità e di curiosità, quelli più grandi un difensore dell’intelligenza in un mondo che troppo spesso ne dimentica l’importanza. Il suo ultimo brano, “Torneremo ancora”, è stato pubblicato nel 2019. I funerali avverranno in forma privata.