Mentre nel Pd soffia il vento della scissione, c’è attesa per la direzione nazionale del 13 febbraio, e le opposizioni premono per tornare alle urne al massimo a giugno, l’Italia rischia di piombare nel caos. A stoppare l’ipotesi di voto anticipato, prima ancora che il Parlamento metta mano alla legge elettorale, che intanto dalla prossima settimana comincerà l’iter in commissione Affari istituzionali della Camera, è Carlo Calenda, renziano doc e ministro dello Sviluppo economico nel governo Gentiloni, che pur precisando di non aver tessere di partito in tasca e parlare a titolo personale è convinto che andare al voto mette a rischio la tenuta del Paese.
CALENDA DIXIT “Andare alle elezioni a giugno o peggio ad aprile rappresenta a mio avviso un serio rischio per la tenuta del Paese”. Da qui a giugno “il governo avrà una serie di appuntamenti ineludibili: bisognerà attuare le iniziative per stabilizzare il sistema bancario, andrà implementato il piano Minniti sull’immigrazione per fronteggiare gli sbarchi estivi, andrà impostato il lavoro sulla ricostruzione nelle aree terremotate, andranno fronteggiate alcune difficili e fondamentali crisi industriali”, spiega Calenda. “Pensare di gestire tutto ciò e molto altro con un esecutivo dimissionario, nel mezzo di una campagna elettorale, mi pare un azzardo”. “Potremmo forse pensare di correre il rischio se all’orizzonte si profilasse la vittoria netta di uno degli schieramenti”, invece si rischia “uno stallo ‘alla spagnola’ che consegnerebbe l’Italia all’ingovernabilità. In questo contesto – avverte il ministro – il rischio che lo spread acceleri la salita già iniziata mi sembra molto concreto”. A livello internazionale, inoltre, “l’Italia rischia di diventare l’anello fragile di un Occidente diviso e sbandato. E un governo dimissionario che presiede il G7 ne sarebbe una plastica rappresentazione”. Rischiano di rimanere monche anche le riforme varate da Renzi, dalla scuola al Jobs act, non a caso il ministro propone quindi di usare i prossimi mesi per “mettere in sicurezza i dossier più difficili”, lavorare a “una legge elettorale solida e condivisa”, e iniziare sulla Finanziaria “un confronto con la parte più responsabile dell’opposizione, per presentarci ai mercati in modo forte e coeso”. Intanto, proprio in queste ore l’Ufficio di presidenza della Camera ha fissato il calendario dei lavori sulla Legge elettorale: la discussione sarà incardinata in commissione Affari costituzionali alla Camera il 9 febbraio e ha stabilito che la discussione avrà inizio soltanto dopo aver ascoltato le motivazioni della sentenza della Consulta sull’Italicum. “Abbiamo chiesto – dice Emanuele Fiano del Pd – solo l’incardinamento, abbiamo il buon senso di sapere che un lavoro completo si può fare solo con le motivazioni della sentenza e speriamo che la Corte le depositi nei prossimi giorni”. Saranno peraltro incardinati tutti i provvedimenti a firma di esponenti Pd in materia elettorale, tra cui c’è sia un testo che chiede il ritorno al Mattarellum, sia il cosiddetto “Lauricellum” che somiglia molto all’Italicum così come “corretto” dalla Corte. Roberto Speranza, che guida l’area della minoranza dem Sinistra riformista, rispetto a scenari di voto anticipato, richiama al buon senso: “Prima il Paese: non bisogna trasformare il Pd nel partito dell’avventura”. Poi avverte: “bisogna lavorare a una legge elettorale senza nominati e che favorisca la governabilità”.
M5S E FDI ATTACCANO Le opposizioni dai Cinquestelle a Fratelli d’Italia attaccano. Bisogna votare subito. Il M5s, con Federica Deina, accusa però gli altri partiti di “fare melina”. I pentastellati presenteranno, fa sapere, la loro proposta di “Legalicum” da estendere anche a palazzo Madama ma con alcune correzioni tra cui: via capilista bloccati, premio di maggioranza su base nazionale anche al Senato, voto di genere. Rilancia Giorgia Meloni (FdI), che su Facebook scrive: “Il ministro Calenda esegue gli ordini di Napolitano e oggi dice: “Votare a giugno è un rischio: dobbiamo mettere in sicurezza il Paese e le riforme di Renzi. In altre parole, per il ministro dello Sviluppo Economico la democrazia è un pericolo per l’Italia e il popolo non può esercitare la sua sovranità perché bisogna mettere al sicuro le ridicole riforme di Renzi bocciate dagli italiani il 4 dicembre. Ma siamo impazziti?”.
FRENANO FI E AP Più cauta Forza Italia, che ha firmato insieme ad altri capigruppo la richiesta di evitare “dannose accelerazioni”. E il presidente dei senatori azzurri Paolo Romani avverte: “le parole del ministro Calenda, sono improntate alla ragionevolezza e vanno valutate con molta attenzione”. “Forza Italia – prosegue – vuole che gli italiani possano tornare alle urne in tempi rapidi, ma l’accelerazione del voto a giugno presenterebbe notevoli rischi per il Paese”. A frenare anche centristi di Area popolare, con Maurizio Lupi che plaude a Calenda, secondo cui: “ha il coraggio di dire chiaramente come stanno le cose e di parlare nell’interesse del Paese e non di una parte politica. Il dibattito sulla legge elettorale – che va fatta rapidamente, di cui c’è evidentemente bisogno, ma c’è bisogno di una buona legge e non di una legge purchessia – non deve distogliere il governo e chi ha ancora un po’ di responsabilità in questo Paese dall’affrontare i gravi e urgenti problemi che lo affliggono, che pesano cioè sui cittadini”.