Politica

Elezioni catalane; vittoria socialista, cresce anche la destra. Ma governo lontano

Dopo 45 anni, il partito Socialista catalano (Psc) si è imposto nelle elezioni regionali sia per seggi che per numero di voti: un successo che legittima la politica del governo del premier Pedro Sanchez ma che non risolve ancora i problemi di governabilità a Madrid – in primo luogo perché non è affatto detto che a Barcellona si riesca a formare un governo stabile e una ripetizione del voto non è uno scenario da scartare a priori. Le combinazioni possibili per raggiungere i 68 seggi necessari sono difficili, mentre un esecutivo di minoranza necessita di una serie di negoziati – e sacrifici anche personali – che riguardano più il governo centrale che quello autonomico.

I socialisti di Salvador Illa hanno ottenuto il 28% dei voti e 42 seggi, un risultato superiore a quanto previsto dai sondaggi; a cantare vittoria è anche Carles Puigdemont, con 35 seggi e un netto sorpasso ai danni dei rivali della sinistra indipendentista di Erc, fermi a 20. Ma cresce anche la destra: il Pp arriva a 15 deputati, mentre Vox a 11 – entrambi superando le aspettative delle rilevazioni; entra in Parlamento anche l’ultradestra indipendentista di Aliança Catalana, con 2 seggi. Viceversa, Erc cede nettamente posizioni – era stato il vincitore delle scorse elezioni – così come gli anticapitalisti della Cup, mentre Comuns resiste con 6 seggi, Ciudadanos sparisce con appena 20mila voti, cannibalizzato da PP e Vox.

 

 

Al di là dei negoziati che inizieranno martedì, va sottolineato come il messaggio elettorale per l’indipendentismo (che ha comunque raccolto il 43% delle preferenze) sembri indicare la necessità di un cambio di passo: l’indipendenza, se possibile, è un cammino molto più lungo del previsto. A vincere, sia pure con un margine insufficiente, è la politica di “pacificazione” e status quo promossa da Sanchez, in cambio di concessioni economiche e della legge di amnistia: ma trasformarla in un governo regionale stabile che allo stesso tempo blindi la legislatura a Madrid appare tutt’altro che facile – e nel frattempo la destra cresce, in attesa della resa dei conti delle europee.

Intanto, il leader indipendentista catalano Carles Puigdemont ha annunciato oggi che presenterà la sua candidatura al nuovo Parlamento catalano eletto ieri, per formare un governo di minoranza che riunisca i partiti separatisti. Nonostante la vittoria del Partito Socialista (PSOE) del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez in queste elezioni in Catalogna, “credo che ci siano opzioni per candidarsi e, pertanto, annuncio la mia intenzione di presentare la mia candidatura”, ha dichiarato Carles Puigdemont, in esilio all’estero dal 2017, durante una conferenza stampa ad Argelès-sur-Mer, nel sud della Francia.

 

Vincitori e vinti

 

Il Psc di Salvador Illa ha ottenuto il 28% dei voti e 42 seggi, un risultato superiore a quanto previsto dai sondaggi; a cantare vittoria è anche Carles Puigdemont, con 35 seggi e un netto sorpasso ai danni dei rivali della sinistra indipendentista di Erc, fermi a 20. Ma cresce anche la destra: il Pp arriva a 15 deputati, mentre Vox a 11 – entrambi superando le aspettative delle rilevazioni; entra in Parlamento anche l`ultradestra indipendentista di Aliança Catalana, con 2 seggi. Viceversa, Erc cede nettamente posizioni – era stato il vincitore delle scorse elezioni – così come gli anticapitalisti della Cup, i cui 4 deputati fuori da qualsiasi calcolo di governabilità; e mentre Comuns resiste con 6 seggi, Ciudadanos sparisce con appena 20mila voti, cannibalizzato da PP e Vox.

 

Gli scenari

 

La prima opzione di raggiungere i 68 seggi necessari per una maggioranza assoluta è una riedizione del Tripartito di sinistra: Psc, Erc e Comuns sommano esattamente 68 deputati – senza alcun margine di sicurezza quindi. Questa è la soluzione che darebbe a Illa la migliore possibilità di venire eletto presidente della Generalitat. Il problema però è che l`uscente, Pere Aragonés, ha messo in chiaro che Erc rimarrà all`opposizione escludendo (al momento) qualsiasi appoggio. Un`eventuale astensione dei repubblicani non sembra sufficiente per permettere a Psc e Comuns di governare in minoranza se Junts non farà altrettanto – una prospettiva poco probabile a meno che da Madrid non arrivi un`offerta irrinunciabile (difficilmente immaginabile).

La seconda è una riedizione della “sociovergència” degli anni Ottanta: Psc e Junts insieme, 77 seggi. Ma qui sorge il problema di chi sarebbe il presidente: sia Illa che Puigdemont hanno presentato la propria candidatura e non appare probabile che il primo voglia rinunciare per ridare protagonismo all`ex governatore, senza contare che non appare probabile che il Psoe possa permettersi di cedere su questo punto anche per questioni di immagine nei confronti della destra. Lo stesso Puigdemont ha proposto a caldo una terza via: un esecutivo indipendentista di minoranza con Erc grazie all`astensione del Psc; possibile aritmeticamente (sono pur sempre 55 deputati, contro i 46 di Psc-Comuns) ma con gli stessi problemi della soluzione precedente per quanto riguarda i socialisti. La ripetizione del voto – non prima di ottobre, dati i tempi tecnici – quindi non è certo improbabile (anche se Puigdemont l`ha esclusa).

 

Il verdetto politico

 

Al di là dei negoziati che inizieranno domani, va sottolineato come il messaggio elettorale per l`indipendentismo (che ha comunque raccolto il 43% delle preferenze) sembri indicare almeno per la sinistra la necessità di un ricambio al vertice, in una fase in cui il fervore del “procés” sembra appartenere al passato: l`indipendenza, se possibile, è un cammino molto più lungo del previsto e toccherà verosimilmente ad altri leader percorrerlo. A vincere, sia pure con un margine insufficiente, è la politica di “pacificazione” e status quo promossa da Sanchez, in cambio di concessioni economiche e della legge di amnistia: ma trasformarla in un governo regionale stabile che allo stesso tempo blindi la legislatura a Madrid appare tutt`altro che facile – e nel frattempo la destra cresce, in attesa della resa dei conti delle europee.

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