Isabel Diaz Ayuso aveva convocato le elezioni regionali anticipate a Madrid con l’intenzione di eliminare i rivali di Ciudadanos e conquistare al Partido Popular l’egemonia a destra e la maggioranza assoluta: ma se il primo obiettivo appare possibile, il secondo appare invece irraggiungibile. I sondaggi danno infatti il Pp primo partito con il 36% e un massimo di 55 deputati; anche se Ayuso è praticamente sicura di poter governare (la sinistra, che non aveva candidati validissimi, rimane al di sotto anche sommando i deputati socialisti e di Mas Madrid), per ottenere la maggioranza assoluta di 69 seggi dovrebbe fare affidamento quanto meno sugli ultra di Vox.
Ciudadanos rimane appena al di sopra della soglia di sbarramento, che è del 5%: probabilmente sarà decisiva l’affluenza per stabilire se il partito di Arrimadas continuerà o meno ad essere rappresentato al Parlamento regionale; analogo discorso vale anche per Podemos, malgrado la discesa in campo del leader del partito, Pablo Iglesias (frutto soprattutto del rifiuto di Mas Madrid di formare una coalizione). Va ricordato che ad innescare il voto era stato un litigio fra il Pp e Cs nella comunità autonoma di Murcia, con la successiva escalation politica che ha convinto il Pp di Madrid (che è virtualmente un partito indipendente) a regolare i conti in maniera preventiva con quello che fino a poche ore prima era un solido alleato di governo.
Non è chiaro quali effetti possa avere la scommessa di Ayuso sulla “casa madre”: la crisi di Ciudadanos aveva spinto il leader Pablo Casado a moderare il discorso per facilitare il ritorno all’ovile degli elettori “arancioni”, e un’eventuale alleanza o appoggio di Vox a Madrid potrebbe essere vista come un imbarazzo politico. Ma la comunità autonoma di Madrid fa storia a sé: “Madrid è la Spagna”, aveva dichiarato Ayuso durante una delle frequenti polemiche con il governo centrale sull’applicazione delle restrizioni antipandemiche – di fatto, è la regione che nei fatti può veramente dirsi “indipendente”.