Ema: il vaccino AstraZeneca è fortemente associato a trombosi rare
Per l’Agenzia europea del Farmaco è possibile l’effetto collaterale, ma resta molto improbabile
L’Agenzia europea del Farmaco (Ema) ha pubblicato oggi un nuovo rapporto in cui ha riconosciuto un “forte legame” fra la somministrazione del vaccino anti-Covid di Astra-Zeneca e alcuni casi estremamente rari di eventi trombotici cerebrali e addominali, associati a carenza di piastrine nel sangue; ma ha confermato il giudizio nettamente positivo sul rapporto rischi-benefici del vaccino e sulla sua efficacia contro il coronavirus SARS-CoV-2. L’Ema ha concluso pertanto che queste trombosi combinate con bassi livelli piastrinici dovrebbero essere elencate fra i possibili effetti collaterali, molto rari, del farmaco di AstraZeneca, sottolineando che comunque contrarre il virus presenta un rischio di mortalità di gran lunga maggiore dei possibili effetti avversi del vaccino.
Una spiegazione plausibile per l’insorgere delle trombosi potrebbe trovarsi nella risposta immunitaria attivata dalla vaccinazione, ha spiegato in una videoconferenza stampa la direttrice esecutiva dell’Ema, Emer Cooke. Ma non è stato ancora individuato alcun fattore di rischio specifico, anche se al momento la casistica in Europa riguarda soprattutto le donne sotto i 55-60 anni, entro un intervallo di due settimane dalla somministrazione del vaccino. Alla luce delle informazioni attualmente disponibili, ha precisato Cooke, non è possibile indicare l’età o il sesso, e neanche delle patologie preesistenti, come possibili fattori di rischio, e quindi per ora l’Ema non ha raccomandato alcuna limitazione riguardo a gruppi specifici nella somministrazione del vaccino. Tuttavia, gli Stati membri possono decidere se adottare misure più restrittive, che ritengano opportune alla luce della propria specifica situazione.
A questo proposito va osservato che – come sottolineato dall’Agenzia per il farmaco britannico – dato il ridottissimo numero di casi di trombosi riportati nel Regno Unito (222 su 34 milioni di dosi somministrate), l’effetto statistico è al limite dell’osservabile: da una parte non è ben nota l’incidenza dell’evento trombotico in assenza di vaccinazione, dall’altra la stessa infezione da coronavirus è un fattore che favorisce questo genere di eventi, quindi il ruolo esatto del vaccino rimane incerto. Durante la videoconferenza stampa, Sabine Straus, presidente del Prac, il Comitato sulla farmacovigilanza e la valutazione dei rischi dell’Ema che ha elaborato il rapporto, ha puntualizzato: “Ciò che abbiamo appreso dalla nostra valutazione è che c’è una forte associazione tra la vaccinazione e l’evento” ovvero la trombosi rara associata a carenza di piastrine. “Probabilmente si tratta di un’associazione causale, ma la parola che userei è che i due eventi sono fortemente associati”. Il Prac ha analizzato in profondità 62 casi di Cvst (Trombosi cerebrale dei seni venosi) e 24 casi di trombosi addominali (Trombosi venose splancniche), segnalati fino al 22 marzo 2021, di cui 18 con decorso letale, e questo su 25 milioni di persone vaccinate nello Spazio economico europeo (Ue più Norvegia, Islanda e Lichtenstein) e nel Regno Unito. Ma in totale, i casi riportati fino al 4 aprile sono stati 169 riguardo alle trombosi cerebrali, e 53 per le trombosi addominali, su 34 milioni di persone vaccinate. Questi dati più recenti, avverte l’Ema, non hanno potuto essere presi in considerazione nello studio, ma “non cambiano le raccomandazioni del Prac”.
Casi di trombosi cerebrali, ha riferito Straus, sono stati segnalati anche dopo la somministrazione di altri vaccini autorizzati oggi nell’Unione europea, oltre a quelli di AstraZeneca, anche se sono in rapporto a dati non omogenei riguardo alle popolazioni di riferimento: 35 casi per il vaccino Comirnaty di Pfizer-BioNTech, su 54 milioni di persone vaccinate nello Spazio economico europeo; 5 casi per il vaccino di Moderna su 4 milioni di persone vaccinate nel mondo; e per quanto riguarda Johnson & Johnson (che è l’unico degli altri vaccini oggi disponibili nell’Ue a utilizzare un vettore virale come quello di AstraZeneca) ci sono 3 casi su 4,5 milioni di persone vaccinate nel mondo. Straus ha poi spiegato quanto sia difficile fare dei confronti statistici per eventi così rari. “Stiamo parlando – ha puntualizzato – di casi segnalati, non di tasso di incidenza (‘reporting rate, not incidence rate’). Le cifre dipendono dunque dal modo in cui i casi vengono riportati, che può variare molto da paese a paese”. Indipendentemente dalle vaccinazioni, “al momento il ‘reporting rate’ dei rari casi di Cvst (Trombosi cerebrale dei seni venosi, ndr) è di 1-2 su 100.000 persone rispetto alla popolazione in generale (‘background’, ndr).
In Germania dove c’è un ottimo sistema di segnalazione, il tasso è di un caso per 100.000 persone. Sappiamo che nel Regno Unito il rapporto è molto più basso, 1 caso ogni 600.000 persone, ma questa differenza può avere molte cause”. Quanto a un possibile legame delle trombosi con gli estrogeni, e in particolare con l’assunzione di anticoncezionali femminili, Straus ha precisato che, se in generale nella popolazione “la Cvt (Trombosi venosa cerebrale, ndr) interessa principalmente le donne più giovani, e tra i fattori di rischio principali ci sono i contraccettivi ormonali o la gravidanza, ciò che vediamo qui”, nei casi segnalati a seguito della vaccinazione, “è un quadro clinico differente: è una Trombosi cerebrale dei seni venosi combinata molto spesso con una Trombocitopenia (carenza di piastrine, ndr). Esperti ci dicono che è un quadro completamente diverso, e non c’è modo di indicare che i contraccettivi o la gravidanza siano un fattore di rischio per questi specifici casi che abbiamo osservato”.
Il Prac ha “discusso a lungo con gli esperti anche i possibili trattamenti” per queste trombosi rare. “Ciò che è emerso – ha riferito ancora Straus – è che gli operatori sanitari non devono usare l’eparina se sospettano di trovarsi di fronte a uno di questi casi; altri anticoagulanti potrebbero forse essere usati, ma su questo i pareri scientifici non sono sulla stessa linea. Altri possibili trattamenti includono immunoglobuline, steroidi e plasmaferesi. Per ora raccomandiamo di guardare alle linee guida della Società di Ematologia nel Regno Unito o di altre simili istituzioni in altri paesi, ma non è ancora possibile – ha concluso – fare delle raccomandazioni sul trattamento”.