Il Giappone non cambia idea sull’embargo del petrolio e del gas russo. Intervenendo alla riunione virtuale dei leader del G7, il primo ministro nipponico Fumio Kishida ha ribadito oggi che il distacco del Giappone dai rifornimenti di idrocarburi russi sarà un fatto lento, graduale, mentre Tokyo non ha in programma di abbandonare i progetti di sviluppo – Sakhalin-1, Sakhalin-2 e Arctic LNG-2 – assieme alla Russia. “Faremo passi per uscire dalle forniture (russe) in una maniera che minimizzi gli effetti avversi sulle vite e sugli affari dei giapponesi, ma il nostro piano di mantenere gli interessi (nei progetti) resta immutato”, ha puntualizzato il capo del governo di Tokyo. Kishida ha chiarito che il Giappone – terza economia del mondo – ha la necessità di contemperare la necessità di non far crescere a dismisura il costo della vita per i suoi cittadini con quella geopolitica di far diminuire la dipendenza dagli idrocarburi russi dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina.
Per questo motivo, Tokyo condivide “in principio” l’embargo del petrolio russo – ha spiegato Kishida – come parte dell’apparato sanzionatorio nei confronti della Russia. Si tratta “di una decisione difficilissima, ma l’unità del G7 è più importante oggi”. Il Giappone, paese povero di risorse energetiche proprie, in realtà è meno dipendente dagli idrocarburi russi di molti paesi europei. Il 3,6 per cento del petrolio che importa viene dalla Russia, mentre il 90 per cento arriva da quattro paesi del Medio Oriente: Arabia saudita, Emirati arabi uniti, Kuwait e Qatar. Kishida, inoltre, non ha fornito alcuno specifico calendario per la riduzione o lo stop alle importazioni di petrolio russo, spiegando che sarà effettuato “alla luce della realtà”. Il ministro dell’Industria nipponico Koichi Hagiuda ha chiesto ai paesi produttori di petroolio di accrescere il loro output per consentire l’uscita dalla dipendenza dalla Russia. Ancor più chiusa appare la posizione di Tokyo riguardo alla possibilità di abbandonare progetti infrastrutturali congiunti nel campo petrolifero con la Russia, diversamente da quanto hanno fatto operatori di paesi europei. Kishida ha dichiarato come vitali per il Giappone progetti come quello Sakhalin-2, il quale è necessario per garantire una fornitura energetica stabile nel lungo periodo.
Il capo di gabinetto Hirokazu Matsuno, che funge da portavoce del governo, ha precisato che il mantenimento della partecipazione nei progetti è anche importante per mantenere l’efficacia delle sanzioni nei confronti della Russia. “Se usciamo da Sakhalin-1 e 2 e la Russia o un terzo paese dovessero acquisire tali interessi, ne beneficerebbe la Russia e ci sarebbe una possibilità che le sanzioni perdano di efficacia”, ha affermato. Da Sakhalin-2, invece, è uscita la compagnia britannica Shell immediatamente dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Exxon Mobil, compagnia Usa, ha inoltre annunciato il suo ritiro da Sakhalin-1. Il Giappone, dopo l’incidente di Fukushima del 2011, ha dovuto rinunciare alla grandissima parte della sua produzione elettrica da nucleare. Matsuno oggi ha ribadito che il Giappone intende rafforzare la sua produzione interna, anche cercando di riattivare più reattori nucleari. Inoltre il paese intende rafforzare la sua produzione da fonti rinnovabili, anche alla luce dell’obiettivo di decarbonizzazione entro il 2050 e di riduzione del 46 per cento delle emissioni entro il 2030, puntando soprattutto sull’idrogeno.