Entrano in vigore i “dazi reciproci” di Trump. Meloni: su Ue sbaglia. La lista dei Paesi tassati
Il presidente Usa ha esibito un lungo elenco di giganti industriali pronti a scommettere sul futuro degli Stati Uniti: da Meta a Apple, da Johnson & Johnson a Honda e Nissan, fino a Stellantis

Donald Trump
Nel cuore del Rose Garden della Casa Bianca, il presidente Donald Trump ha alzato il tono, lanciando un avvertimento risoluto e diretto al mondo intero. Con le sue parole cariche di fervore, ha ufficialmente inaugurato una nuova era di protezionismo economico americano, proclamando l’introduzione di “dazi reciproci” su una vasta gamma di prodotti importati. “E’ la nostra dichiarazione di indipendenza economica”, ha esclamato Trump, sottolineando la significatività di questa misura come un passo fondamentale verso la rinascita dell’industria a stelle e strisce.
A partire dalla mezzanotte, in un gesto che segna un radicale cambiamento nella politica commerciale degli Stati Uniti, il presidente ha annunciato che saranno imposte tariffe del 25% su tutte le auto e i componenti automobilistici prodotti al di fuori del territorio americano. Questa decisione non è solo un avvertimento ai concorrenti globali, ma rappresenta anche un invito alle aziende americane a tornare a investire nella produzione nazionale. Durante il suo discorso, Trump ha esibito un lungo elenco di giganti industriali pronti a scommettere sul futuro degli Stati Uniti: da Meta a Apple, da Johnson & Johnson a Honda e Nissan, fino a Stellantis.
“Investiranno miliardi e miliardi, sono impegnate al 100%”, ha affermato con orgoglio, tracciando una visione ottimistica per il futuro dell’occupazione e della manifattura americane. La retorica aggressiva di Trump non si è fermata qui. Ha enunciato un elenco di paesi colpiti dai nuovi dazi, sanzionando con percentuali elevate: il 34% per la Cina, il 20% per l’Unione Europea e il 26% per l’India, solo per citare alcuni esempi. “La Cina impone tariffe del 67%, noi metteremo dazi del 34%. Vogliamo giustizia reciproca”, ha dichiarato, rivendicando una visione di equità commerciale che, secondo lui, servirà a proteggere i lavoratori americani e a ridare vita a un settore industriale in declino.
In quello che Trump ha descritto come un vero e proprio “Liberation Day”, il presidente ha invitato leader di tutto il mondo a contattarlo per discutere eventuali esenzioni dai dazi, ammonendo che i paesi estranei “devono eliminare le tariffe e le barriere”. Le sue parole risuonano come un campanello d’allarme per le nazioni tradizionalmente considerate alleate, ponendo in discussione i legami commerciali devoti e pacifici di un tempo.
La reazione internazionale non si è fatta attendere. Manfred Weber, presidente del Partito Popolare Europeo, ha contestato con vigore le nuove politiche tariffarie, classificando la giornata come “il giorno del risentimento” e non della liberazione, avvertendo che i dazi imposti da Trump non solo attaccano il commercio equo, ma danneggiano entrambe le sponde dell’Atlantico. La risposta dei mercati finanziari ha evidenziato le preoccupazioni sollevate dalla nuova politica commerciale: il Dow Jones ha registrato un calo dello 0,3% e il Nasdaq ha visto una perdita di oltre il 2%.
“L`introduzione da parte degli Usa di dazi verso l`Unione Europea è una misura che considero sbagliata e che non conviene a nessuna delle parti – ha dichiarato la premier Giorgia Meloni -. Faremo tutto quello che possiamo per lavorare a un accordo con gli Stati Uniti, con l’obiettivo di scongiurare una guerra commerciale che inevitabilmente indebolirebbe l`Occidente a favore di altri attori globali. In ogni caso, come sempre, agiremo nell`interesse dell`Italia e della sua economia, anche confrontandoci con gli altri partner europei”.
Con questa audace iniziativa, Trump spera di riscrivere le regole del commercio globale, argomentando che gli Stati Uniti non possono continuare a “pagare i deficit di Messico, Canada e di tanti altri paesi”, mentre si preoccupano per le loro necessità. Allo stesso tempo, ha fatto riferimento a barriere commerciali che, dice, sono state erette da nazioni come Canada e Unione Europea, accusandole di “non prendere nulla di nostro”. A suo avviso, il cambiamento è non solo necessario, ma urgente: “Ora, finalmente, mettiamo l’America al primo posto”, ha ribadito.
In un’analisi più ampia, tali misure riflettono un crescente nazionalismo economico che sta prendendo piede non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo. Con le tariffe ora in vigore, il futuro del commercio internazionale diventa sempre più incerto e le relazioni tra gli Stati Uniti e i loro tradizionali alleati si trovano a un bivio. Le domande rimangono: quali saranno le ripercussioni a lungo termine di questa audace dichiarazione di indipendenza economica?