Enzo Bianchi via dal monastero di Bose, un epilogo amaro

Enzo Bianchi via dal monastero di Bose, un epilogo amaro
Fratel Enzo Bianchi e Papa Francesco
27 maggio 2020

Fratel Enzo Bianchi dovrà lasciare la comunità di Bose, in Piemonte, che fondò, giovanissimo, dopo il Concilio vaticano II. E’ questo l’amara conclusione, sancita da Papa Francesco, di una difficile vicenda che andava avanti da mesi. Epilogo lacerante – c’è da giurarlo – innanzitutto per il Papa e per il cardinale Parolin. I quali hanno sempre stimato l’ex priore di Bose. Al punto che qualcuno ipotizzò che il Pontefice volesse creare Enzo Bianchi cardinale, e sarebbe stato il primo cardinale laico (Bianchi è voluto rimanere fratello, senza ordinazione sacerdotale, per incarnare fino in fondo lo spirito della Chiesa delle origini). Ma, evidentemente, inevitabile.

Un comunicato pubblicato sul sito della stessa comunità di Bose, e menzionato dall’Osservatore Romano, ricostruisce la vicenda. “Come da noi annunciato a suo tempo, in seguito a serie preoccupazioni pervenute da più parti alla Santa Sede che segnalavano una situazione tesa e problematica nella nostra Comunità per quanto riguarda l`esercizio dell`autorità del Fondatore, la gestione del governo e il clima fraterno, il Santo Padre Francesco ha disposto una Visita Apostolica, affidata al Rev.do P. Abate Guillermo León Arboleda Tamayo, OSB, al Rev.do P. Amedeo Cencini, FDCC e alla Rev.da M. Anne-Emmanuelle Devéche, OCSO, Abbadessa di Blauvac. Tenendo conto della rilevanza ecclesiale ed ecumenica della Comunità di Bose e dell`importanza che essa continui a svolgere il ruolo che le è riconosciuto, superando gravi disagi e incomprensioni che potrebbero indebolirlo o addirittura annullarlo, con la Visita Apostolica il Santo Padre ha inteso offrire alla medesima Comunità un aiuto sotto forma di un tempo di ascolto da parte di alcune persone di provata fiducia e saggezza”.

“La Visita Apostolica si è svolta dal 6 dicembre 2019 al 6 gennaio 2020 e, al termine di essa – prosegue il comunicato pubblicato sul sito della stessa comunità di Bose – i Visitatori hanno consegnato alla Santa Sede la loro relazione, elaborata sulla base del contributo delle testimonianze liberamente rese da ciascun membro della Comunità. Dopo prolungato e attento discernimento e preghiera, la Santa Sede è giunta a delle conclusioni – sotto forma di un decreto singolare del 13 maggio 2020, a firma del Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità e approvato in forma specifica dal Papa – che sono state comunicate agli interessati alcuni giorni fa dal Rev.do P. Amedeo Cencini, nominato Delegato Pontificio ad nutum Sanctae Sedis, con pieni poteri, accompagnato da S.E. Mons. José Rodriguez Carballo, OFM, Segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, e da SE Mons. Marco Arnolfo, Arcivescovo Metropolita di Vercelli”.

“Tale comunicazione – prosegue la nota – è avvenuta nel massimo rispetto possibile del diritto alla riservatezza degli interessati. Poiché, tuttavia, a partire dalla notifica del decreto, l`annunciato rifiuto dei provvedimenti da parte di alcuni destinatari ha determinato una situazione di confusione e disagio ulteriori, si ritiene necessario precisare che i provvedimenti di cui sopra riguardano Fr. Enzo Bianchi, Fr. Goffredo Boselli, Fr. Lino Breda e Sr. Antonella Casiraghi, i quali dovranno separarsi dalla Comunità Monastica di Bose e trasferirsi in altro luogo, decadendo da tutti gli incarichi attualmente detenuti. Con lettera del Segretario di Stato al Priore e alla Comunità, inoltre, la Santa Sede ha tracciato un cammino di avvenire e di speranza, indicando le linee portanti di un processo di rinnovamento, che confidiamo infonderà rinnovato slancio alla nostra vita monastica ed ecumenica. In questo tempo che ci prepara alla Pentecoste invochiamo una rinnovata effusione dello Spirito su ogni cuore, perché pieghi ciò che è rigido, scaldi ciò che è gelido, raddrizzi ciò che è sviato e aiuti tutti a far prevalere la carità che non viene mai meno”.

Nella comunità di Bose, a Magnano, in provincia di Biella, vivono monaci maschi e femmine di diverse confessioni cristiane. Punto di riferimento per l’ecumenismo internazionale, è stata, sotto la guida di Enzo Bianchi, fucina di pensiero e luogo di incontro, visitata da personalità di spicco del cristianesimo internazionale. Per lo storico del cristianesimo Alberto Melloni, intervistato su RaiNews24, la fuoriuscita di Bianchi è “devastante” ed avrà “danni incalcolabili” sull’ecumenismo. Enzo Bianchi, intellettuale di peso, autore fecondo di spiritualità ed editorialista brillante, è un punto di riferimento nel panorama cattolico progressista. Tra i suoi ultimi tweet, ne ha scritto uno dal quale emerge sia l’amarezza che l’animo indomito: “Quando giunge il fallimento, la sconfitta non rinunciare mai alla verità, perché anche nell`umiliazione la verità va glorificata: solo se ferisce la carità la verità può essere celata, e maledetto sia colui per il quale la verità va detta senza pensare alla carità fraterna”.

Dalle righe del comunicato, così come dal poco che filtra dal monastero di Bose, la vicenda è vissuta con amarezza da tutti i protagonisti. La rottura tra Bianchi e i suoi fedelissimi, da una parte, e la nuova leadership, dall’altra, sarebbe alla fine risultata insanabile. Nessuna divergenza ideologica. Semmai, una vicenda non nuova, nella storia degli ordini e delle comunità religiose: quella di un fondatore carismatico che, pur in pensione, continua ad influire a tal punto sulle dinamiche interne da intralciare ogni possibile evoluzione. Vicenda, peraltro, che anche Jorge Mario Bergoglio, quando terminò il periodo di provinciale dei gesuiti argentini, nei lontani anni 70, sperimentò sulla propria pelle, in un doloroso esilio lontano da Buenos Aires, dapprima a Cordoba e poi in Germania. Esperienza che lo segnò – lo ha raccontato egli stesso – ma anche lo fece maturare. E non è impossibile che, in queste ore, il Papa abbia pensato che anche fratel Enzo Bianchi possa vivere un analogo travaglio.

“Una grande gioia che nessuno ci può rubare viene dalla coscienza di aver amato chi abbiamo incontrato, dal non esserci serviti degli altri ma dall’aver avuto cura di loro, e dall’obbedienza alla propria umile ma salda coscienza e dal non essere orgogliosi sentendoci peccatori”. Lo ha scritto su Twitter fratel Enzo Bianchi, il fondatore della Comunità di Bose, nel giorno, amaro, in cui in Vaticano si è sancito il suo allontanamento dal centro ecumenico che ha guidato dalla fine per decenni a causa di dissidi interni alla comunità stessa, nella quale la figura del fondatore era divenuta troppo ingombrante. askanews

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