Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan tornato dal vertice Nato di Bruxelles conferma di non voler rompere i rapporti con la Russia, spinge per l’opzione diplomatica, annuncia che parlerà con il collega russo Vladimir Putin nei prossimi giorni, ma nella serie di incontri di ieri non è riuscito a dialogare con il presidente americano Joe Biden. Erdogan da settimane attivissimo sul fronte diplomatico, ha approfittato del vertice Nato per incontrare il presidente francese Emmanuel Macron, ma anche il premier italiano Mario Draghi, spagnolo Pedro Sanchez e inglese Boris Johnson, ma nel suo tentativo di mediazione manca il dialogo con gli Stati Uniti.
“Chiederò a Putin di essere l’architetto dei prossimi passi da compiere per la pace”, ha detto Erdogan, una strategia che però a Biden interessa evidentemente poco. Non è un caso che Erdogan abbia incontrato per primo Macron, altro leader all’interno della Nato ad aver dialogato direttamente con Putin nei giorni del conflitto spingendo per una soluzione politica del conflitto. Nonostante l’insistenza di Ankara, sottolineata da alcuni media d’opposizione, la Casa Bianca ha mostrato freddezza rispetto ai tentativi di mediazione di Erdogan nella crisi tra Russia e Ucraina e un incontro tra i due presidenti non c’è stato. Eppure, come spiegato dal presidente turco, la mediazione di Ankara va avanti, il presidente ucraino Volodimir Zelensky è pronto a incontrare Putin, Mosca al momento “vede di buon occhio la mediazione turca”, come detto da Erdogan a margine del vertice, quando ha lanciato un segnale agli Usa: con o senza la Casa Bianca Ankara andrà avanti nel tentativo di mediazione.
“Abbiamo informato i nostri alleati dei nostri sforzi e dei passi compiuti per giungere alla pace. La Nato è importante, ma deve rimanere coerente, non cedere ai calcoli politici di alcuni. Se non si cerca la pace il risultato sarà un disastro”, ha dichiarato, lanciando una frecciata a Washington. Erdogan ha spiegato che dei 6 capitoli negoziali che Mosca ha messo sul tavolo sono le due parti che riguardano lo status di Crimea e Donbass a presentare criticità. Secondo Erdogan l’apertura di Zelensky a trattare riguarda la rinuncia all’adesione dell’Ucraina alla Nato, il riconoscimento del russo come una lingua ufficiale del Paese, il disarmo, su cui si può lavorare anche se è impensabile lasciare l’Ucraina completamente disarmata, e denazificazione e sicurezza collettiva, impasse superabile con un documento congiunto. Erdogan ha sottolineato però che la stessa disponibilità a negoziare da parte di Kiev manca sui capitoli riguardanti Donbass e Crimea. Per quanto riguarda il primo Erdogan ha definito ‘una mossa intelligente’ l’annuncio di un referendum da parte di Zelensky, mentre la Crimea rimane un boccone amaro da ingoiare anche per la stessa Turchia, dal 2014 contraria all’annessione della Crimea da parte della Russia. Erdogan, che in risposta all’atteggiamento americano ha sottolineato il ruolo ‘indispensabile della Turchia nella Nato’, è deciso a non usare le armi del suo esercito, il secondo all’interno dell’Alleanza, e far valere piuttosto la posizione geografica di guardia dell’ingresso al Mar Nero e il peso diplomatico acquisito.
Erdogan dialoga con Mosca e Kiev e ha mantenuto fermo l’obiettivo di portare allo stesso tavolo Putin e Zelensky. Una mediazione importante, dopo che lo scorso 10 marzo ad Antalya si sono parlati i ministri degli Esteri di Russia e Ucraina, Sergej Lavrov e Dimitri Kuleba. Mediazione effettuata dal ministro degli Esteri, che ha poi incontrato Lavrov a Mosca e Kuleba a Lviv, mentre Erdogan ha parlato al telefono sia con Zelensky che con Putin. Negli stessi giorni il presidente turco ha inoltre accolto in Turchia il premier greco Kyriakos Mitsotakis, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente polacco Andrzej Duda e il premier olandese Mark Rutte. Un traffico che stride con la totale assenza degli Usa, uno dei pochi Paesi che con Ankara non ha intrattenuto un dialogo ufficiale di alto livello dall’inizio della crisi. Una posizione di cui a Erdogan importa poco: “Se ci chiedono di mediare siamo pronti. Qualsiasi approccio a questa crisi che non punti alla pace deriverà in un disastro”. Agi