Le ernie discali rappresentano un’anomalia della colonna vertebrale molto diffusa: piu’ di 4 italiani su 5 hanno (o avranno) problemi di ernia del disco nella propria vita, con sintomi che possono spaziare da un dolore lombare blando ad uno acuto. Le ernie discali si manifestano soprattutto nella fascia d’eta’ tra i 35 ed i 45 anni, quando il nucleo centrale e’ ancora ben idratato e gelatinoso. Con l’eta’ il nucleo polposo cambia, si disidrata progressivamente ed il rischio di formazione di ernie si riduce. La prevalenza nel corso della vita di ernia del disco lombare e’ stata stimata pari all’1-3% nei paesi occidentali. Un’indagine in Italia segnala che l’8,2% della popolazione ha riferito di essere affetto da ”lombosciatalgia” (7,3% maschi e 9,3% femmine). Circa il 94% delle ernie del disco sono all’altezza di L4-L5 (segmenti lombari 4 e 5) o L5-S1 (segmento lombare 5 e segmento sacrale 1). Quattro le tecniche che vengono usate per risolvere il problema ”ernia al disco”: intervento percutaneo, endoscopica, microchirurgica, e microchirurgica strumentata, con supporti strumentali, ossia gli spaziatori.
”Tutte le patologie della colonna – spiega Pier Vittorio Nardi, Presidente dell’Associazione Chirurgia Italiana Spinale Mininvasiva e Robotica (CISMeR) – originano dalla degenerazione discale lombare precoce che nel tempo peggiora gradatamente diventando l’anticamera delle successive erniazioni. Ecco perche’ trattare la degenerazione discale vuol dire prevenire l’evoluzione patologica dei dischi, tra le nuove possibilita’ l’utilizzo delle membrane amniotiche iniettabili per via percutanea in anestesia locale nei dischi, caratterizzate da un mixed di fattori di crescita e cellule stromali, consente la rigenerazione e protezione dei dischi, anche se al momento la durata protettiva sembrerebbe durare circa 1-2 anni”. (Asca)