Etichettatura nutrizionale “a semaforo”, Italia e altri paese Ue contro la Gran Bretagna

AGROALIMENTARE Martina a Bruxelles. Uno studio dimostra che nel periodo dal 2013 al 2015 s’è registrata a una perdita delle quote di mercato per alcuni prodotti di qualità soprattutto (ma non solo) italiani di Enzo Marino

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di Enzo Marino

Il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina ha portato oggi a Bruxelles, al Consiglio Agricoltura dell’Ue, la posizione molto critica dell’Italia verso il sistema volontario di etichettatura nutrizionale “a semaforo” adottato a partire dal 2013 da quasi tutta la grande distribuzione in Gran Bretagna. Una posizione condivisa anche da Cipro, Grecia, Portogallo, Romania, Slovenia e Spagna, mentre la Francia, ha riferito Martina, è interessata ma non si è ancora espressa chiaramente. Uno studio di Nomisma, finanziato da Federalimentare, dimostra come l’etichettatura “a semaforo”, nel periodo dal 2013 al 2015, abbia portato a una perdita secca delle quote di mercato per alcuni prodotti di qualità soprattutto (ma non solo) italiani. I risultati dello studio indicano che, quando gli è stato applicato il “semaforo” – con un inevitabile segnale rosso per la quantità considerata eccessiva di grassi, o grassi saturi, o sale, o zucchero – i prodotti oggetto dell’indagine hanno registrato un significativo calo delle vendite (speculare, tra l’altro, all’aumento per gli stessi prodotti venduti senza l’etichetta multicolore): -7% in valore e -11% in volume per il Parmigiano Reggiano, -17% in valore e -14% in volume per il Prosciutto di Parma, -8% sia volume che in valore per il formaggio francese Brie, più un calo delle vendite del 4% per tutti i formaggi duri in generale.

Fra l’altro, la valutazione sulle quantità eccessive di grassi, di sale o di zuccheri, viene espressa non sulla dose abitualmente assunta da un individuo, ma sulla porzione venduta. Ciò che sarebbe giustificato per un “ready meal”, ma certo non per una confezione di parmigiano da grattugiare, o di prosciutto di Parma, che difficilmente verrà interamente ingerita da una sola persona in un solo pasto. Altra circostanza denunciata durante la conferenza stampa: i prodotti a cui viene applicato il semaforo sono spesso quelli “della casa” delle catene di distribuzione, che possono essere facilmente riformulati per ottenere un segnalo giallo o verde invece del rosso, e non devono seguire i rigorosi disciplinari di fabbricazione dei prodotti Dop o Igp, che sono i veri perdenti in questa vicenda. Un risultato del tutto incoerente con l’obiettivo strategico, per le politiche agroalimentari dell’Ue, di promuovere proprio le eccellenze e le specialità legate al territorio.

Non si tratta neanche di una questione di protezione dei prodotti nazionali di questo o quel paese, ma solo di tutela dei prodotti di qualità; e di educazione alimentare non ingannevole, o addirittura paradossale, dei consumatori. Come ha osservato il ministro Martina, “un litro di latte inglese può avere il bollino rosso, mentre non avrebbe problemi a ottenere il bollino verde una ‘soda light’ con un edulcorante sintetico”. La questione, portata oggi all’attenzione del Consiglio Ue, è già nota alla Commissione europea, che ha inviato da tempo una lettera formale al governo britannico chiedendo informazioni; Londra si è giustificata, sostanzialmente, affermando che si tratta di un sistema di etichettatura volontario. Peccato che lo abbiano già adottato il 98% dei supermercati del Regno Unito. Ora ci si attende che la Commissione faccia sul serio, avviando una vera e propria procedura d’infrazione. Ma c’è da scommettere, confidavano oggi fonti dell’Esecutivo comunitario, che non si muoverà niente fino a dopo il referendum britannico di giugno sull’accordo per tenere il Regno Unito nell’Ue.

Hanno destato comunque sorpresa le modalità formali della conferenza stampa del ministro Martina, svoltasi nella saletta italiana della sede del Consiglio Ue a Bruxelles, per il fatto che vi hanno partecipato in forza i gruppi d’interesse del settore: i presidenti di Federalimentare e Coldiretti, e poi, in parte accreditati come “stampa” (con la “P” di “Press” appesa al collo) i rappresentati di Confagricoltura, Cia, Confcooperative, Confindustria, Unionzucchero, Assolatte, Assica (carni trasformate), Caobisco (cioccolato e prodotti dolciari), più l’associazione dei consumatori Adiconsum. Il ministro ha esordito cedendo immediatamente la parola al presidente di Federalimentare, Luigi Pio Scordamaglia, e poi al presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, per introdurre i risultati della ricerca Nomisma. Dal punto di vista formale, uno strappo alle regole, generalmente rispettate a Bruxelles, che tengono separati e distinti almeno nei luoghi istituzionali i ruoli dei rappresentanti dei governi, e quindi dell’interesse pubblico, e quelli dei rappresentanti dei gruppi d’interesse privati, per quanto pienamente legittimi.