Sono oltre 11.000 le persone arrestate in Etiopia da quando è stato dichiarato lo stato di emergenza, il 9 ottobre scorso. E’ quanto riporta oggi l’emittente governativa Fana Broadcasting corporation. Secondo quanto precisato dall’Ufficio inquirente dello stato di emergenza, le 11.607 persone arrestate sono sospettate di aver fomentato la violenza, diffuso il terrore, creato instabilità, dato alle fiamme servizi pubblici e privati, distrutto attività imprenditoriali, saccheggiato e bruciato proprietà governative e private, ostruito il funzionamento dei servizi di pubblica utilità, bloccato strade, attaccato e ucciso membri delle forze di sicurezza, bruciato la bandiera nazionale, sventolato le bandiere di organizzazioni terroristiche, diffuso messaggi di organizzazioni terroristiche, aver commerciato armi, aver dato rifugio o aver cooperato con criminali così come con i leader delle violenze.
Lo stato di emergenza è stato imposto per sei mesi con l’intento di mettere fine alle proteste antigovernative in corso da un anno che hanno causato centinaia di morti. Tra le misure previste figurano un coprifuoco dalle 18 alle 6 attorno a “interessi economici” strategici come fabbriche, aziende agricole e istituzioni governative; “zone rosse” lungo i confini del Paese e attorno alle principali strade; il potere delle forze di sicurezza di fermare e perquisire i sospetti così come le abitazioni senza autorizzazione della magistratura; il divieto ai partiti di opposizione di rilasciare dichiarazioni alla stampa locale e straniera che possano rappresentare una minaccia alla “sovranità, alla sicurezza e all’ordine costituzionale del Paese”; il divieto di consultare o diffondere sui social network le informazioni fornite dai due media dell’opposizione che hanno sede negli Stati Uniti, ossia la radio e la tv satellitare etiope Esat e Oromo Media Network, bollando come “attività criminale” la pubblicazione sui social media dei loro contenuti. Nei giorni scorsi è stato revocato il divieto imposto ai diplomatici stranieri di superare un perimetro di 40 chilometri attorno alla capitale Addis Abeba, in assenza di permessi, speciali, “per la loro sicurezza”.