Alla fine, fatto salvo il principio per cui non ci sarà nessun “haircut”, ovvero un taglio netto del valore nominale del debito greco (il “principale”) – secondo l’accordo unanime dell’Eurogruppo – si è concordato che sarà alleggerito l’onere del debito, cioè quello che la Grecia paga in interessi ai suoi creditori ogni anno, ma senza entrare nei dettagli delle misure che saranno prese a lungo e lunghissimo termine, che saranno decise e quantificate solo nel 2018, alla fine del terzo programma greco e a condizione che sia stato attuato con successo. E’ la maggiore concessione che ha fatto il Fmi, che inizialmente chiedeva di decidere le misure di alleggerimento del debito all’inizio (e non alla fine) del programma deciso nell’agosto scorso, come condizione per parteciparvi. Su questo punto è passata la linea tedesca del “falco” Wolfgang Schaeuble, il ministro delle Finanze, che ora non dovrà presentare al Bundestag una decisione di alleggerire il debito greco prima delle elezioni in Germania, previste alla fine del 2017. Sono comunque state prese alcune decisioni che renderanno più gestibile l’onere del debito greco a breve termine, con una riduzione degli interessi che Atene avrebbe dovuto pagare nel 2017 sui prestiti ricevuti col secondo programma (dell 2012) e un adattamento al livello bassissimo attuale degli interessi pagati all’Esm (Meccanismo europeo di Stabilità, il fondo garantito dai paesi dell’Eurozona che finanzia i prestiti con emissioni sul mercato).
Inoltre, e questo è particolarmente importante per il Fmi, anche se le misure di medio e lungo termine non sono state quantificate, si è deciso di fissare un parametro importante per la sostenibilità delle finanze di Atene, fissando praticamente un tetto complessivo agli oneri del debito che la Grecia dovrà pagare ogni anno: il fabbisogno lordo di finanziamento (“gross financial needs”) del Paese non dovrà superare il 15% del Pil nel medio termine e il 20% successivamente. Un altro elemento di discordia fra l’Eurozona e il Fmi riguardava l’avanzo primario (ovvero il bilancio al netto degli interessi sul debito) chiesto alla Grecia. L’Eurogruppo (soprattutto su spinta di Shaeuble) chiedeva che raggiungesse il 3,5% del Pil a partire dal 2018 e poi si mantenesse su questo livello negli anni successivi. Per il Fmi, invece, mantenere per anni un avanzo primario così consistente sarebbe un obiettivo troppo ambizioso e insostenibile per un paese piegato da una crisi gravissima e lunghissima come la Grecia, e sarebbe più realistico limitarsi all’1,5% del Pil.
Alla fine, si è deciso di lasciare solo l’obiettivo del 3,5% per il 2018, senza precisare se debba essere mantenuto successivamente. A questo punto, la decisione del Fmi di “tornare a bordo” del programma greco sarà raccomandata dal management al board del Fondo per essere presa entro la fine del 2016. Erano poco controversi, infine, gli altri due elementi della discussione, che sono passati senza difficoltà e hanno consentito la conclusione positiva della prima “review” (verifica) del terzo programma, aprendo la strada all’esborso della “tranche” da 10,3 miliardi di euro: da una parte le notevoli riforme strutturali che Atene ha effettivamente già approvato per legge (la riforma delle pensioni, l’aumento dell’Iva, la creazione di uno strumento per gestire i crediti deteriorati del sistema bancario e la creazione del Fondo per le privatizzazioni); dall’altra il cosiddetto meccanismo di contingenza (voluto in particolare dal Fmi, ma anche da Berlino), che farà scattare tagli di bilancio o aumento di introiti fiscali automatici e “orizzontali” (fatti salvi alcuni settori prioritari) nel caso in cui non sia raggiunto l’obiettivo fissato per l’avanzo primario.