“La Turchia si è impegnata a rispettare tutte le condizioni”, ha ricordato Andreeva, precisando che ne restano solo cinque su 72 (più due per le quali si è convenuto che ci vorrà più tempo). Tra le cinque condizioni rimaste, la più importante è la modifica della legge antiterrorismo, che ora Erdogan sta usando per effettuare le “purghe” dopo il tentativo di golpe militare. “Il successo dell’accordo è fragile: la continuazione della sua attuazione dipende principalmente dalla determinazione politica delle due parti coinvolte”, ha ricordato la portavoce citando quanto aveva affermato il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker in un’intervista a un giornale austriaco nel week-end. E da parte della Commissione la determinazione è stata dimostrata con lo stanziamento di due dei tre miliardi per i rifugiati in Turchia, ha aggiunto Andreeva.
“Per quanto riguarda la modifica della legislazione antiterrorismo turca, il presidente Juncker – ha continuato la portavoce – ha detto chiaramente che questo è un requisito che non possiamo cambiare; ma siamo chiari: l’intenzione della Commissione non è mai stata quella di ridurre la capacità di combattere il terrorismo in modo efficace. Al contrario, il processo di liberalizzazione dei visti cerca di allineare la legislazione turca con quella dell’Ue in molti campi, compresa la lotta al terrorismo. Su questo è dal 2013 lavoriamo con autorità turche per assicurare un elemento di proporzionalità”. “E proporzionalità significa – ha sottolineato Andreeva – che persone come giornalisti e professori che esprimono in modo non violento loro posizioni e non fanno appello all’uso della violenza non si ritrovino poi agli arresti, o accusati per aver espresso queste posizioni, proprio sulla base della legislazione anti terrorista turca. Quindi – ha concluso la portavoce – noi continuiamo a lavorare con le autorità turche per garantire che questo elemento di proporzionalità riesca finalmente a entrare nella legislazione nazionale turca”.