Nel giorno in cui le osservazioni satellitari dell’Ue hanno confermato che il mese scorso è stato il settembre più caldo mai registrato a livello globale, la plenaria del Parlamento europeo ha approvato (con 352 voti a favore, 326 contrari e 18 astensioni) un emendamento alla Legge sul clima presentata dalla Commissione europea che chiede di fissare al 60% la riduzione delle emissioni a effetto serra nell’Ue entro il 2030, invece dell’obiettivo meno ambizioso del 55% proposto dall’Esecutivo comunitario il 17 settembre scorso.
I risultati del voto sugli emendamenti sono stati comunicati stamattina dal Parlamento europeo, mentre il voto finale sulla risoluzione complessiva dell’Assemblea sarà comunicato domani mattina. In ogni caso il risultato appare abbastanza scontato. Tra l’altro, è stato respinto con ben 557 contro 135 e tre astensioni un emendamento, presentato dai Conservatori (Ecr) e dall’estrema destra (Id), che chiedeva di bocciare l’intera risoluzione. A favore dell’obiettivo del 60% hanno votato compatti i Socialisti e Democratici (S&D), i Verdi, la Sinistra unitaria europea (Gue), la grande maggioranza dei Liberaldemocratici di Renew, una quindicina di Popolari e tutti gli eurodeputati del M5s. Contro si sono espressi la grande maggioranza del Ppe, una minoranza (22) di Renew e, compatti, i Conservatori dell’Ecr (con gli eurodeputati di Fdi) e l’estrema destra di Id (con la Lega).
La posizione ancora più ambiziosa del Parlamento europeo sulla lotta al cambiamento climatico, rispetto alla Commissione, è stata confermata anche da altri emendamenti importanti approvati. Due particolare: nel primo si chiede di non conteggiare i “carbon offset”, ovvero le compensazioni dovute all’assorbimento del carbonio generato da attività di riforestazione a livello internazionale, ai fini del conseguimento dell’obiettivo finale di riduzione delle emissioni; nel secondo, il Parlamento europeo appoggia l’approccio del “carbon budget” (bilancio del carbonio), in alternativa al metodo proposto dalla Commissione per verificare che il percorso di riduzione intrapreso in tutti gli Stati membri porti al conseguimento finale dell’obiettivo “zero emissioni nette” (“neutralità climatica”) entro il 2050 per tutta l’Ue.
In pratica, la Commissione propone di valutare entro settembre 2023, e successivamente ogni cinque anni, la coerenza delle misure nazionali ed europee rispetto all’obiettivo della neutralità climatica e alla traiettoria per il periodo 2030-2050. Il metodo alternativo del “carbon budget”, proposto dal Parlamento e sostenuto fortemente dalle organizzazioni ambientaliste, consiste invece nel calcolare in modo preciso la quantità di gas serra da emettere a livello globale in un dato periodo, e da non superare, in funzione della limitazione del riscaldamento planetario che si vuole conseguire. Questo metodo, di conseguenza, comporta degli adattamenti che possono essere anche molto più drastici, se risulterà necessario, rispetto alle verifiche regolari programmate dalla Commissione.
Proprio oggi, il programma Ue di osservazione satellitare della Terra “Copernicus” ha confermato che il mese di settembre 2020 è stato il più caldo mai registrato a livello globale e in Europa. La media globale delle temperature, secondo il sito di Copernicus, è stata di 0,05 gradi centigradi più calda rispetto al precedente settembre più caldo, quello del 2019. Le temperature sono state ben al di sopra della media in molte regioni del mondo, e in particolare la costa della Siberia settentrionale, il Medio Oriente, e parti del Sud America e dell’Australia. Sola eccezione è stato il Pacifico tropicale orientale, più freddo a causa del fenomeno de “La Niña”. E il ghiaccio marino artico ha visto la sua seconda estensione media più bassa mai registrata nel mese di settembre, oltre il 40% al di sotto della media 1981-2020. askanews