Più che un voto per l’Europarlamento sembra un duello per l’Eliseo, lamenta l’opposizione, criticando Emmanuel Macron sempre in prima linea, a far campagna elettorale, come fosse il capolista de La République En Marche (LREM). Invano. Il presidente francese si è mobilitato per le elezioni di domenica prossima nel nome di un’Europa che rischia “di andare in frantumi” e soprattutto contro il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen, accusata dal capo dello Stato addirittura di connivenza con “interessi stranieri” per smantellare l’Ue: la presenza a Parigi di Steve Bannon, l’ex guru di Donald Trump che tifa per un’internazionale sovranista, é stata indicata come ulteriore indizio in tal senso da Macron, che ha denunciato anche le mire distruttrici dei russi, “mai così intrusivi”.
Ringalluzzita dagli ultimi sondaggi, che danno il suo partito in lieve vantaggio sui ‘macroniani’, Le Pen ha dichiarato che se il presidente “non vince queste elezioni dovrà andarsene”. Nella conferenza stampa organizzata prima del raduno sovranista a Milano, la leader di RN ha definito Macron afflitto dalla “sindrome del re bambino, una sorta di convinzione di superpotenza, una intolleranza alla frustrazione e un desiderio assoluto di non rispettare alcun limite e alcuna regola”. Secondo Le Pen, il presidente “è uscito dalla sua funzione” e viola “incontestabilmente sia il testo che lo spirito della Costituzione”, che lo vuole super partes.
Macron ha fatto spallucce e, anche a fronte di critiche dell’opposizione più moderata, è rimasto in prima linea. “Non posso essere uno spettatore, ma un attore di queste elezioni europee, che sono le più importanti dal 1979, perché l’Unione si trova ad affrontare un rischio esistenziale”, ha detto il capo dell’Eliseo durante un incontro con i quotidiani regionali organizzato lunedì, mente i capilista dei partiti in corsa alle europee si affrontavano in un dibattito televisivo. Macron ha parlato di “responsabilità davanti alla storia”, che gli impedisce di restare a guardare mentre rischia di andare in frantumi “l’Europa che ha costruito la pace, che ha portato la prosperità”. Poi ha puntato il dito contro gli altri partiti, che hanno trasformato il voto di domenica in “un referendum contro il Presidente della Repubblica e contro il governo”, quindi: “non sarà che io sono l’unico a non poter prendere la parola”.
L’incontro con la stampa regionale è stato peraltro boicottato da due testate, che l’hanno considerato lesivo dell’equilibrio da rispettare in campagna elettorale. Il presidente trasformatosi in leader di partito ha attaccato senza sosta quello che fu già nel 2017 il suo principale oppositore, rilanciando de facto un durissimo confronto visto alle presidenziali: allora si chiamava ancora Front National, ora Rassemblement, ma alla guida c’è sempre Marie Le Pen. “Ci siamo addormentati – ha martellato Macron durante l’intervista collettiva – come se non avessimo capito che 5 anni fa è stato il Front National a vincere le elezioni europee. E cosa hanno fatto a livello europeo? Hanno votato contro tutto ciò che è nell’interesse della Francia, il loro progetto indebolisce la Francia”.
La costante mobilitazione di Macron non sembra però aver sortito l’effetto sperato. Gli ultimi sondaggi danno il Rassemblement National di Le Pen in testa, anche se di pochissimo: 23,6% di intenzioni di voto in media, a una settimana dalle elezioni, mentre LREM è accreditata – con Nathalie Loiseau capolista – del 22,3%. Molti analisti sostengono che proprio la forte partecipazione di Macron ha finito per mobilitare l’elettorato anti-LREM. E se domenica l’estrema destra di Le Pen dovesse arrivare prima tra i partiti in gara, per il presidente sarebbe uno smacco personale difficile da gestire. askanews