Eurozona, nuovo calo Pil a fine 2020. Euro giù, i moniti della Bce

Eurozona, nuovo calo Pil a fine 2020. Euro giù, i moniti della Bce
3 febbraio 2021

Si è materializzata come temuto e ampiamente previsto la battuta d’arresto dell’economia europea sul finale d’anno. Nel quarto trimestre il Pil è tornato a segnare una contrazione, seppure contenuta ad un meno 0,7% rispetto al trimestre precedente, in cui era rimbalzato del 12,4% dopo il crollo pandemico. In questo modo, secondo una stima preliminare diffusa da Eurostat, l’intero 2020 si è chiuso con una recessione del 6,8% per l’Unione valutaria, corretta dagli effetti di calendario, e con un meno 6,4% dell’intera Ue (-0,5% del Pil tra terzo e quarto trimestre). Più che l’inciampo sul finale d’anno, quello che sembra maggiormente preoccupare gli analisti è la prospettiva che questa situazione di debolezza si trascini sull’inizio 2021. E lo scenario di una ricaduta in recessione tecnica, definita come due trimestri consecutivi di Pil in calo. Dati e prospettive che hanno innescato uno scivolone dell’euro, sceso fino a 1,2021 dollari, sui minimi dal primo dicembre scorso, laddove prima dei dati diffusi da Eurostat fluttuava attorno a 1,2080.

Secondo Bert Colijn, di Ing, il vigore del manifatturiero ha limitato il calo complessivo del Pil, ma “con i lockdown che proseguono – avverte in una nota di analisi – è probabile che seguirà un altro trimestre di calo”. Dello stesso avviso Jack Allen-Reynolds di Capital Economics, che pronostica un meno 0,5% sul Pil del primo trimestre. In questo quadro la performance dell’Italia segna il secondo peggior calo del Pil tra tutti i Paesi Ue rispetto ai tre mesi precedenti, con un meno 2% inferire solo al meno 4,3% dell’Austria, e il terzo peggiore nel confronto su base annua: meno 6,6% dell’Italia a fronte del meno 7,8% dell’Austria e meno 9,1% della Spagna. La Germania è riuscita ad evitare una nuova contrazione tra terzo e quarto trimestre con un più ,1% del Pil. Il tutto mentre dalla Bce si moltiplicano i richiami sulla sostenibiltà de conti pubblici, così come sulla necessità di dosare nel modo più appropriato possibile le misure anticrisi pandemica, che resteranno necessarie fino a quando la ripresa non avrà preso solidamente piede.

In uno articolo intitolato “La riposta iniziale di Bilancio dei Paesi dell’area euro di fronte alla crisi Covid”, la Bce ribadisce che “anche se i Paesi non devono rimuovere troppo presto le misure di supporto, il fatto che i debiti siano aumentati drasticamente significa che è cruciale avere strategie di consolidamento credibili sul medio termine”. Il prolungamento delle misure anticrisi “appare ragionevole per quei settori le cui attività restino compromesse” dai nuovi lockdown. Ma su questo la lista di comparti pronti a farsi avanti potrebbe essere non breve, specialmente in un Paese come l’Italia così sviluppato su turismo e attività ricettive. Uno degli ultimi gridi di allarme è giunto da Federmep, sigla che raccoglie imprese e professionisti del settore matrimoni che come altri comparti teme che dopo il crollo 2020 anche il 2021 si riveli “un anno nero”. Dai richiami della Bce a misure “mirate”, una delle preoccupazioni che sembra trasparire è quella che nella fase iniziale di provvedimenti a “pioggia” i sostegni potrebbero essere invece andati anche a settori, imprese o singoli che in realtà non avevano accusato particolari problematiche.

E che questo potrebbe aver unicamente gonfiato i loro tassi di risparmio, complice anche impossibilità di spendere a causa dei lockdown, con un effetto non positivo sulla crescita. Ma è la stessa istituzione guidata da Christine Lagarde che ora potrebbe trovarsi con una gatta da pelare. Perché da un lato la debolezza dell’economia potrebbe creare nuove pressioni su misure di stimolo, tanto più se come tutto fa pensare la nuova amministrazione Biden, negli Usa, procederà con nuovi aiuti. Dall’altro, all’opposto, una possibile risalita dell’inflazione potrebbe spingere i falchi del Consiglio ad arroccarsi su posizioni intransigenti. Oggi sempre Eurostat fornirà la stima preliminare sull’inflazione di gennaio, che dopo quattro mesi inchiodata sottozero, al meno 0,3%, potrebbe segnare una risalita. L’agenzia di statistica tedesca, Destatis ha infatti riportato un rimbalzo dell’inflazione della Germania all’1% su gennaio. Posto che il dato tedesco risente dell’effetto una tantum di alcuni provvedimenti.

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