Il futuro dell’ex Ilva potrebbe vedere lo Stato come azionista di minoranza, con l’obiettivo di sostenere il rilancio produttivo e la transizione ecologica dell’impianto. A margine di una visita al centro ricerche Enea del Brasimone, a Bologna, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha aperto a questa possibilità, definendola “un’ipotesi al vaglio” che dipenderà dalle proposte dei tre attori coinvolti nella partita.
“Non escludiamo affatto una partecipazione largamente minoritaria dello Stato nel capitale dell’ex Ilva”, ha dichiarato Urso, spiegando che l’ingresso pubblico potrebbe “accompagnare il processo di rilancio produttivo e di riconversione industriale, passando dai forni a caldo ai forni elettrici”. Il ministro ha sottolineato che questa opzione sarà considerata solo se richiesta dagli attori in campo, con l’intento di “garantire meglio lo sviluppo industriale degli impianti ed evitare gli errori del passato”.
L’obiettivo del Governo è chiaro: trasformare il polo siderurgico in un modello di riferimento in Europa, coniugando competitività industriale, sostenibilità ambientale e tutela sanitaria. “L’azienda deve essere guidata da un progetto industriale definito – ha proseguito Urso – che consenta anche il pieno esercizio del golden power, offrendo garanzie sul piano finanziario, industriale, ambientale e sanitario. Se ci riuscissimo, sarebbe una grande battaglia vinta”.
Il percorso verso questa trasformazione è già delineato.
Il ministro ha annunciato che l’11 marzo i sindacati saranno convocati a Palazzo Chigi per un aggiornamento sul processo in corso, che punta a fare dell’ex Ilva “lo stabilimento più significativo e green d’Europa”. Parallelamente, entro la metà di marzo, i commissari completeranno l’analisi delle proposte presentate dai soggetti interessati. “A quel punto – ha concluso Urso – mi indicheranno quale sia, a loro avviso, l’offerta più solida con cui avviare un negoziato in esclusiva”.
La partita per il rilancio dell’ex Ilva si gioca dunque su più fronti: una visione industriale chiara, un’attenzione alla sostenibilità e un possibile ritorno dello Stato come socio di minoranza, in un equilibrio tra pubblico e privato che potrebbe segnare una svolta per uno dei simboli dell’industria italiana.