Economia

Fallisce la Borsalino, storica azienda di cappelli. Restarà il ricordo delle scene hollywoodiane

La Borsalino di Alessandria, famosa in tutto il mondo per i suoi capelli, indossati dai divi del cinema hollywoodiano, è fallita. Un tribunale ha respinto la seconda richiesta di concordato (la prima fu nel 2015) avanzata dallo svizzero Camperio. E’ stata la sua Haeres Equita a raccogliere, due anni fa, i cocci di un’azienda precipitata nel baratro a causa di un azionista scomodo, il bancarottiere Marco Marenco, arrestato nell’aprile del 2015 a Lugano per un crac monstre da oltre 3 miliardi nella girandola di decine di società attive nel trading del gas (tutte fallite). Camperio si fece carico del risanamento. Ma qualcosa non ha funzionato e la Borsalino imbocca il viale del tramonto, per parafrasare un titolo caro a quella Hollywood che l’ha resa un’icona di stile nel mondo. In mezzo ci sono 160 anni di storia e di mito, e pure un francobollo, voluto appena pochi mesi fa dal ministero dello sviluppo economico per celebrare tutta quella storia e collocare l’azienda tra le “Eccellenze del sistema produttivo”. I 130 addetti, dopo aver appreso la notizia del fallimento dell’azienda, si sono prima riuniti in assemblea sindacale e poi sono usciti dalla fabbrica per un presidio davanti ai cancelli. “Purtroppo oggi è una giornata storica. C’e’ molta tensione, perché i lavoratori temono per il loro futuro. Questa è sempre stata una fabbrica che gira bene, dove si lavora e per questo ci interessa che non si fermi la produzione” ha detto Maria Iennaco, sindacalista della Cgil alessandrina. “L’imprenditore Philippe Camperio è in affitto, tramite la Haeres Equita, del ramo d’azienda e produce i cappelli Borsalino. Il fallimento non blocca l’affitto, ma saranno i curatori fallimentari a decidere se l’affitto del ramo d’azienda in essere potrà continuare” spiegato la sindacalista. I sindacati intanto hanno chiesto un incontro zia a Camperio sia ai curatori fallimentari. “Attendiamo una risposta. Questa mattina abbiamo fatto un’assemblea sindacale per spiegare lavoratori cosa era successo” ha detto Iennaco. “A seconda di cosa vorranno fare i curatori fallimentari valuteremo le iniziative da mettere in campo. Ci attiveremo affinché la fabbrica non si fermi, anche perché rispetto ad altre situazioni, qui il lavoro e le commesse ci sono. Ci attiveremo affinché anche le istituzioni e il Comune di Alessandria ci sostenga”.

Questa eccellenza è stata lasciata morire. Resteranno il bianco e nero di miti come Hamphrey Bogart, ricorderemo l’aura di mistero così tipica dei suoi cappelli, indossati dai gangster veri, come Al Capone, o falsi, come la coppia Alain Delon-Jean-Paul Belmondo in “Borsalino”; oppure dagli eroi tenebrosi, come Indiana Jones, e perfino dai mostri, come Freddy Kruger. Senza dimenticare il panama di Michael Jackson. Nel pomeriggio, fanno sapere i sindacati, ci sarà un incontro con i lavoratori e i curatori fallimentari. Dall’azienda, invece, non c’è ancora alcuna comunicazione ufficiale. Per ora, si sa solo che il made in Italy ha perduto un’altra importante testimonianza dell’ineguagliabile bellezza prodotta dalle nostre sapienti mani artigiane. Fu Teddy Roosevelt con il suo cappello fatto di foglie di Cardulovica ad attirare l’attenzione del sarto alessandrino Giuseppe Borsalino. Il presidente usa, al limite del canale di Panama in costruzione, si fece fotografare con un copricapo bianco dal nastro nero che gli faceva ombra sulla faccia baffuta. Borsalino comprese subito la preziosità di quell’oggetto elegante e lo trasformò in oggetto del desiderio per gli uomini di tutto il mondo. Il laboratorio di Alessandria, aperto nel 1857, diventò industria: produceva 2.500 cappelli al giorno e il Grand Prix, un importante attestato di qualità vinto all’Esposition Universelle di Parigi del 1900, diffuse la fama del marchio in tutto il mondo. Alla vigilia della prima guerra mondiale Borsalino produceva circa 2.000.000 di cappelli all’anno e dava impiego a oltre 2.500 dipendenti. Non solo: la produzione dei cappelli di qualità imponeva l’uso esclusivo di feltro di pelo di coniglio e questo determinò una ricaduta positiva nell’economia rurale piemontese. All’estero il marchio conquistò i mercati più importanti: quello della City londinese, con le bombette, ma soprattutto quello statunitense, dove i cappelli Borsalino furono adottati dallo star system hollywoodiano. Il suo ridimensionamento avvenne in concomitanza con la caduta in disuso dei copricapi formali. Dopo un cambio di proprietà negli anni novanta, la situazione è andata via via peggiorando fino all’epilogo odierno.

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redazione