False intimidazioni a socio, condanna definitiva per regista

La Cassazione ha confermato le condanne inflitte nel processo d’appello al regista cinematografico Mario Musotto che ha ideato una trama degna di un film. Ha messo in scena la più imponente delle sue finzioni: un programma di protezione dove “coprire” dalle insidie e dalle ritorsioni mafiose un’intera famiglia, finita suo malgrado in questa fiction reale. Musotto, che era stato stato condannato dal giudice monocratico a sei anni per sequestro di persona, ne ha avuti tre in appello. Condannati anche Alfredo Silvano, due anni, e la moglie Daniela Todaro, un anno e mezzo. Il regista è autore di documentari sui temi della lotta a Cosa Nostra, e l’ultimo suo film è dedicato al pm Nino Di Matteo. Per ragioni non chiare, per due anni, dal 2004 al 2006, Musotto, socio di Vincenzo Balli in una società di vendita on line di spettacoli, la Word Ticket, ha fatto credere a Balli e alla moglie, Patrizia Trovato di essere finiti, insieme alla figlia di tre anni, nel mirino della mafia. Un’esistenza sotto scacco dovuta al precedente lavoro di Musotto.

Il regista ha detto al socio che tutto risaliva al periodo in cui era carabiniere e catturava latitanti. I Balli sarebbero stati coinvolti nelle minacce di morte da parte di Cosa nostra perche’ avevano più volte ospitato e aiutato Musotto. Con la complicità di Silvano e della Todaro, Musotto, secondo i giudici, ha messo in scena un vero e proprio thriller scandito dalle mail, quotidiane e puntuali, di sedicenti carabinieri che impartivano ordini ai Balli sui movimenti da poter effettuare, imponendo anche trasferte in località “top secret”. Dopo circa due anni di intimidazioni (croci davanti casa, incendio dell’auto), di macchine che passavano vicino l’abitazione con il lampeggiante acceso, rumori che li svegliavano durante la notte, Balli si insospettisce e cerca il maresciallo Quarta (così si firmava il falso carabiniere nelle mail) e trova quello vero che mette a verbale le dichiarazioni dei due coniugi e incastra Musotto. Alla fine il regista ha ammesso di avere organizzato la messinscena ma ha detto che era d’accordo con Balli (anche se all’insaputa della moglie) per sfuggire ai creditori in seguito a una serie di difficoltà finanziarie della società. La famiglia Balli è assistita dall’avvocato Mario Bellavista.