Fassina raccoglie delusi Pd e sinistre: insieme in nome di Atene

Fassina raccoglie delusi Pd e sinistre: insieme in nome di Atene
4 luglio 2015

di Maurizio Balistreri

Un po’ raduno di reduci, un po’ manifestazione dell’orgoglio: l’assemblea “Scuola lavoro democrazia, futuro a sinistra”, promossa da Stefano Fassina al teatro Palladium di Roma, nel cuore del rione Garbatella, un tempo inespugnabile feudo rosso, è la “festa dell’indipendenza da una sinistra rassegnata e subalterna, vincente senza vittoria”. L’ex viceministro uscito dal Pd mette insieme dirigenti e militanti delusi (i più noti Sergio Cofferati e Pippo Civati, ma c’è anche il bersaniano Alfredo D’Attorre che dal Pd non è uscito) e pezzi della sinistra un tempo definita “radicale”, da Nicola Fratoianni di Sel a Paolo Ferrero di Rifondazione a Manuela Palermi del Pdci, oggi Pcdi. Punta al bacino degli astenuti ma il punto unificante, la sfida che si potrebbe vincere già domani – indirettamente – è quella del referendum greco sulle proposte della troika. Non a caso, l’intervento più apprezzato dalla platea è quello di Argiris Panagopoulos, il rappresentante in Italia di Syriza, il partito del premier greco Alexis Tsipras. “Siamo compagni”, proclama, e parte il primo applauso; “Tsipras ha fatto il suo primo viaggio da premier in Italia da Renzi, e tutto quello che ne abbiamo ricavato è una cravatta inutile”, battimani convinto; “non ho comprato l’Unità, fondata da Antonio Gramsci e passata al liberismo barbaro di Angela Merkel”, quasi viene giù il teatro per l’entusiasmo dei presenti. Per Fassina, del resto, “il governo Tsipras ha ridato senso alla democrazia”.

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L’ex viceministro del governo Letta non ha il piglio dell’oratore, parla ai suoi con un puntiglioso discorso scritto, indica gli obiettivi della sua “sinistra di governo”: referendum contro la “buona scuola”, stop al trattato di libero scambio Usa-Ue, il Ttip, correzione “autocritica” dell’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione, piano di investimenti “in piccole opere immediatamente cantierabili affidate ai Comuni”, attacco alla povertà attraverso l’adozione di un “reddito di dignità o di cittadinanza ma orientato al lavoro”. Il traguardo lontano è “un partito”, primo interlocutore è Sel “che da tempo si è messa a disposizione”, ma nell’immediato propone comitati promotori sul territorio e indica le amministrative 2016 come prima prova pratica del nuovo soggetto. L’identità, Grecia a parte, della nuova formazione, si propone di recuperare “la Costituzione come programma fondamentale”, ma si afferma anche attraverso le negazioni: no all’Europa della “gabbia mercantilista dell’euro che ha aggravato gli effetti della globalizzazione”, no al Pd “partito degli interessi forti, di Marchionne, degli affari”.

Ma attenzione, “Renzi – dice Fassina che pure aveva iniziato il discorso rivendicando di essere fra quanti avevano costruito il Pd – non è un usurpatore ma l’interprete estremo e più abile del Lingotto. La carta di identità del Pd era quella, anche se timidamente contraddetta dalla segreteria di minoranza di Pierluigi Bersani”. A fine relazione, prova a motivare i presenti con un guizzo di nostalgica fantasia. “Rassegnarsi alla dittatura del presente sarebbe la vera sconfitta”, avverte, e cita una canzone anni 70 che invita a non deporre i sogni in un cassetto: “Ricordate l’isola che non c’è? Chi ci ha già rinunciato e ci ride alle spalle, diceva Edoardo Bennato, forse è ancora più pazzo di noi”. Per Pippo Civati – tra i partecipanti alla manifestazione -il Partito democratico “è ormai un partito di centro” e per questo motivo “c’è un grande spazio alla sua sinistra”.  “Qui oggi – conclude – ci sono storie diverse, secondo me la prima tappa è fare un movimento che abbia un profilo di governo, che mobiliti le persone e che scelga di organizzarsi in modo inedito”.

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