Un taglio dei tassi preventivo. Di 25 punti base. E’ quello che la Federal Reserve si appresta (salvo sorprese clamorose) ad annunciare oggi e che il mercato da’ per scontato. Sara’ la prima riduzione del costo del denaro dal dicembre del 2008, quando fu portato al minimo storico dello 0-0,25%. Rispetto ad allora, quando l’economia statunitense era nel pieno della Grande Recessione, il quadro e’ decisamente diverso. Gli Stati Uniti sono entrati nell’undicesimo anno di espansione (un record), vantano un tasso di disoccupazione a livelli bassi quasi mai visti (al 3,7%) e l’azionario americano viaggia non lontano dai massimi storici.
Eppure la banca centrale americana sta per diventare formalmente “colomba” dopo avere adottato lo scorso gennaio un approccio decisamente piu’ prudente rispetto a quello sposato nel 2018, quando aveva alzato i tassi quattro volte (l’ultima a dicembre, al 2,25-2,5%.). Il cambio di rotta della Fed sta nel fatto che “e’ meglio agire preventivamente invece di aspettare che il quadro economico peggiori sempre di piu'”. Quando il 25 giugno scorso il governatore della Fed, Jerome Powell, aveva pronunciato queste parole, il suo era stato un discorso accademico, come accademico e’ stato quello di John Williams, il presidente della Fed di New York che il 18 luglio successivo spinse i mercati a scommettere in un taglio dei tassi di 50 punti base per avere detto che una banca centrale deve agire “rapidamente” quando l’economia si indebolisce. L’istituzione newyorchese fu costretta a sottolineare che le sue parole non facevano riferimento alla riunione di domani della Fed. Nel frattempo la prima lettura del Pil Usa del secondo trimestre ha fotografato un’espansione in rallentamento, al 2,1% dopo il +3,1% di gennaio-marzo.