Una Ferrari indipendente della Fiat con un nucleo di controllo in mano alla famiglia Agnelli e il resto del capitale sul mercato. E’ questo il futuro del Cavallino Rampante annunciato oggi da Sergio Marchionne, per la proprieta’ dell’azienda simbolo del Made in Italy. Un’azienda, quella di Maranello, verso la quale il Lingotto ha tenuto sempre una rispettosa distanza, imposta da Enzo Ferrari (foto) stesso finché e’ stato in vita, e proseguita anche successivamente. Almeno fino alle burrascose dimissioni del presidente Luca Cordero di Montezemolo. Ma per capire il rapporto tra Fiat e Ferrari bisogna tornare agli ultimi anni ’60 quando il Drake, per il quale contavano soprattutto le corse, si rese conto che per assicurare un futuro industriale alla sua azienda aveva bisogno del sostegno di una casa automobilistica con le spalle larghe. Anche perche’ la morte del figlio Dino aveva privato l’azienda del futuro che il suo fondatore aveva immaginato. “Mio padre stava vivendo un momento personale molto difficile e voleva assicurare un futuro all’azienda – spiego’ anni dopo Piero Lardi Ferrari – Dino non c’era piu’ e io ero troppo giovane”.
Parti’ quindi una lunga e complessa trattativa con la Ford che arrivo’ fino alla stesura del contratto definitivo per il passaggio di una quota di controllo a Detroit. Ma Enzo Ferrari, ormai ad accordo raggiunto, fece saltare tutto. Il retroscena di quell’episodio fu raccontato solo molti anni dopo da Giovanni Agnelli in un’intervista a Enzo Biagi. Il Drake scopri’ che i manager della Ford avevano inserito una clausola contrattuale in base alla quale tutte le decisioni importanti, anche quelle sull’attivita’ sportiva, dovevano essere ratificate da Detroit. Una limitazione che il patron della Ferrari riteneva inaccettabile. Ma la situazione patrimoniale di Maranello richiedeva un intervento immediato e si fece avanti la Fiat. Anche qui difficile distinguere tra la storia e la leggenda. Quello che e’ certo e’ che era il giugno del 1969 quando i cancelli di Mirafiori si aprirono per far entrare una Ferrari. A bordo Enzo e il figlio Piero, da poco riconosciuto. Li attendeva Giovanni Agnelli che si chiuse nel suo ufficio con Enzo Ferrari. I due rimasero soli fino a quando raggiunsero un’intesa. “Fu un accordo molto facile da raggiungere” spiego’ poi l’Avvocato “senza ombra di duelli o di difficolta’. Lasciammo a lui piena autonomia nelle corse”.
Proprio quello che il Drake voleva e che la Ford gli aveva negato. Difficile da credere oggi, ma leggenda vuole che l’intesa fu sancita con una semplice stretta di mano e formalizzata solo due anni dopo. Comunque sia, in quel momento passo’ a Mirafiori il 50% di Ferrari, il 40% resto’ nella mani del fondatore e il 10% al figlio Piero. Si seppe solo vent’anni dopo che tra gli accordi presi tra l’Avvocato e il Drake c’era anche una prelazione di Fiat sul restante 40% in mano a Enzo Ferrari. Prelazione che fu esercitata agli inizi degli anni ’80 per un controvalore vicino ai 20 miliardi di allora. Anche in questo caso l’operazione fu tenuta segreta fino al 1988 quando il Lingotto annuncio’ di avere in portafoglio il 90% del Cavallino Rampante. Era l’anno della morte di Enzo Ferrari, riuscito fino a quel momento nella magia di tenere saldamente in mano la gestione sportiva e la reputazione di un’azienda che di fatto non possedeva piu’ da vent’anni.
E questo riassume piu’ di ogni altra cosa cosa e’ stato finora il rapporto tra Fiat e Ferrari. Una rispettosa autonomia proseguita anche dopo la scomparsa del suo fondatore e sotto la gestione di Montezemolo. Almeno fino al 2002 quando Fiat cedette il 34% del Cavallino Rampante ad un consorzio guidato da Mediobanca per 775 milioni di euro. Tre anni dopo Piazzetta Cuccia giro’ il 5% al fondo di Abu Dhabi Mubadala. Fu poi Marchionne che nel 2006 riacquisto’, in forza di un’opzione risalente al contratto siglato quattro anni prima, il 29% rimasto in mano al consorzio Mediobanca per 590 milioni. Nel 2010, poi, Fiat si riprese anche il 5% di Mubadala. L’assetto azionario di Ferrari torno’ cosi’ come era alla fine degli anni ’80 ed e’ restato cosi’ fino ad oggi. Sono state le dimissioni di Montezemolo, formalizzate ad inizio settembre, a segnare l’inizio di un nuovo capitolo per il Cavallino Rampante. E la frase a lui attribuita: “E’ finita un’epoca. La verita’ e’ che ormai la Ferrari e’ americana”.