di Enzo Marino
L’importante – evidentemente – è non chiamarlo patto del Nazareno, nemmeno in versione reloaded, altrimenti parte la rincorsa a smentire. Eppure, in questi giorni di pausa agostana dei lavori parlamentari, tra Forza Italia e Pd è tutto un mandarsi messaggi sulle riforme. Il banco di prova, certo, sarà settembre. Ma fino ad allora, quel che appare, è che da una parte c’è la minoranza democratica che sembra pronta alla battaglia nei confronti del segretario, dall’altra ci sono tracce di dialogo tra i due vecchi contraenti. Se nei giorni scorsi era stata Deborah Serracchiani a spiegare che sulle riforme il Pd “è aperto al confronto con tutti”, oggi tocca all’altro vice segretario, Lorenzo Guerini. Berlusconi al tavolo? “Noi – risponde – siamo pazienti e attendiamo”. Dal fronte azzurro, si ribadiscono le regole d’ingaggio di un eventuale dialogo: una è cambiare la riforma introducendo il Senato elettivo, l’altra è ritoccare l’Italicum, eliminando il premio alla lista per fare posto a quello di coalizione. E non c’è dubbio che quest’ultimo sia il punto che interessa di più Forza Italia. Silvio Berlusconi, in vacanza a villa Certosa, continua a non mostrare particolare passione per quelle che chiama “tecnicalità”. Ciò che gli interessa è il punto politico, ossia che la dirigenza Pd ammetta di aver bisogno dei suoi voti.
O, ancora di più, che arrivi un segnale in tal senso direttamente da Matteo Renzi. Da tempo il partito del Cavaliere è diviso tra chi vuole il dialogo con il governo e chi no. Tra i primi, ci sono sicuramente gli esponenti del partito Mediaset (come Fedele Confalonieri) o personaggi come Gianni Letta. Perché sarà pur vero che era la legge a imporre una convergenza tra le due parti sul nome del presidente della Rai, ma l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio in quel frangente avrebbe “lavorato” perché i fili del dialogo si riannodassero anche su altri temi. Silvio Berlusconi non esita a ribadire di non potersi più fidare di Matteo Renzi, dopo la decisione “in solitaria” di candidare Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. Da qui, la necessità di subordinare un suo ritorno in partita ad un gesto esplicito del presidente del Consiglio. D’altra parte, l’ex premier di certo non ha alcuna fretta che si vada a votare e, dunque, pensa a quale tornaconto ottenere dalle difficoltà di Renzi. Che questo si possa tradurre in un ingresso di Forza Italia al governo, è più che altro esercizio giornalistico. Sebbene, a suggerire l’idea di una grossa coalizione, oggi, sia Renato Brunetta, uno che dentro il partito azzurro è stato tra i maggiori avversari del dialogo. “Visto che Renzi non ha i numeri perché ha 176 senatori contro a Palazzo Madama, Mattarella – sostiene – dovrebbe convocarlo al Quirinale come fece Napolitano con Berlusconi nel novembre 2011”, e dal momento che “mancano due anni e mezzo alla fine della legislatura, si può tranquillamente fare una grosse koalition che risponda alle esigenze di massima coesione rispetto al difficile momento politico-economico”.