L’arrivo a Roma del ministro della Giustizia Usa William Barr alla fine di settembre ha prima confuso, poi sorpreso i funzionari dell’ambasciata Usa. Che “hanno in seguito scoperto che (il ministro) ha aggirato i protocolli nell’organizzazione del viaggio nella capitale italiana, dove ha incontrato politici e funzionari dell’intelligence”. Esordisce così un dettagliato articolo del New York Times sul filone italiano del Russiagate, secondo cui l’Atorney General, accompagnato da un procuratore di alto profilo come John H. Durham, sono sbarcati a Roma nell’ambito di una campagna di verifiche mirate “a supportare la tesi della cospirazione a lungo alimentata dal presidente Trump: che alcuni dei suoi più stretti alleati hanno tramato con lo ‘Stato profondo’ nel 2016 per impedire la sua elezione.
Se Durham trovasse fatti che smentiscano, anzi rovescino, la teoria della cospirazione tra il team di Trump e la Russia a scopi elettorali, fa notare il Times, per Trump sarebbe un gran colpo. Quindi il presidente ha cominciato a fare pressioni sui suoi collaboratori più affidabili affinchè scavino in tutti i ‘filoni’ del Russiagate, Italia inclusa. Così, fuori protocollo, Barr secondo il New York Times ha incontrato a Roma i vertici dell’intelligence italiana, il capo del Dis Gennaro Vecchione e, in una riunione allargata, il capo dell’Aise Luciano Carta dell’Aisi Mario Parente. Con loro c’era anche il procuratore Dhuram. Al centro dell’interesse del ministro della Giustizia di Trump ci sarebbe stata la deposizione del professore maltese Joseph Mifsud, che aveva chiesto protezione all’Italia e che ha fatto perdere le sue tracce dall’ottobre 2017.
Mifusud, laureato sia in Italia che a Malta, professore alla London Academy of Diplomacy, ha tenuto lezioni alla Link Campus University di Roma. Sarebbe stato lui a dire all’allora consigliere elettorale Donald Trump, George Papadopoulos, che i russi avevano in mano mail molto dannose per la candidata democratica alla presidenza Hillary Clinton. Mifsud è considerato una spia da mezzo mondo, ma con assegnazioni diverse: secondo Papadopoulos è un agente italiano che ha preso ordini dalla Cia, per altri alleati di Trump ha lavorato con l’Fbi e in entrambi i casi lo avrebbe fatto per incastrare Trump. Per l’ex direttore dell’Fbi James Comey, invece, Mifdus è un agente della Russia che teneva contatti con la Internet Research Agency, la cosiddetta ‘fabbrica dei troll’ che avrebbe cercato di influenzare la campagna elettorale per le presidenziali Usa del 2016. Per i russi, infine, è un professore con buone conoscenze a Mosca, invitato a conferenze e poco altro.
In ogni caso, Mifsud e Papadopoulos si incontrarono in Italia per la prima volta a marzo 2016. Poi di nuovo a Londra, dopo un viaggio del professore maltese a Mosca, e in quell’occasione avrebbe rivelato che i russi avevano informazioni per danneggiare la Clinton. Ora Papadopoulos è sotto inchiesta da parte dell’Fbi, assieme ad altri tre personaggi dell’entourae di Trump. Secondo gli inquirenti – scrive il New York Times – ha mentito sui suoi rapporti e incontri con Mifsud, impedendo un possibile arresto del professore maltese, poi scomparso. askanews