Politica

Fine vita, il primo ddl giallo-rosso. Firma senatori Pd-M5s-Leu-Iv

Si intende “disciplinare – con le opportune garanzie – la possibilita’ di consentire a chi gia’ sta morendo di poterlo fare in modo ‘corrispondente alla propria visione della dignita’ del morire'”. E’ sul fine vita il primo disegno di legge da quando e’ nato il governo giallo-rosso firmato da esponenti di tutta la maggioranza. E si tratta della prima proposta in Parlamento dopo la sentenza della Corte costituzionale del 25 settembre nella quale si ritiene a “determinate condizioni” non punibile chi “agevola l’esecuzione del proposito di suicidio di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile”. A firmare il ddl e’ un gruppo di senatori. Tutti esponenti di partiti che sostengono l’esecutivo.

La prima firma e’ della dem Cirinna’. Si aggiungono per il Pd anche Cerno e Rampi. Ma a sottoscriverla sono anche il pentastellato Mantero, l’ex M5s Nugnes, Nencini del gruppo di Italia viva e per Leu la De Petris. Al momento non e’ ancora ripartito l’iter sulla discussione riguardante il tema del fine vita, anche perche’ si aspettano le motivazioni dell’ordinanza che poi saranno al centro dei lavori delle Commissioni. Ma intanto al Senato e’ stato depositato un testo in cui si sostiene la tesi che un malato terminale, capace di intendere e volere, puo’ chiedere l’aiuto medico a morire quando e’ in stato di irreversibilita’. L’obiettivo e’ ricalcare il principio dell’ordinanza della Corte Costituzionale. E di sottolineare che “Il legislatore non e’ chiamato a dare la morte, ne’ a rinunciare all’obbligo di prendersi cura di ogni persona malata. Piuttosto e’ chiamato a confrontarsi, con umilta’, con le forme che puo’ assumere – nella concretezza delle situazioni di vita – la dignita’ personale, riconoscendola con rispetto”.

“Nel caso di paziente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e affetto da patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, e’ consentita – si legge nel testo – su richiesta del paziente la somministrazione di farmaci idonei a provocarne rapidamente e senza dolore la morte”. Somministrazione consentita “anche presso il domicilio del paziente, unicamente nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, da parte di personale medico e sanitario che non abbia formulato al riguardo obiezione di coscienza”. Si punta sulla differenziazione delle pene comminate per le due diverse fattispecie di istigazione e aiuto al suicidio, si rimarca “la possibilita’ di formulare obiezione di coscienza da parte del medico e del personale sanitario” e si garantisce in ogni caso “la terapia del dolore e la somministrazione delle cure palliative“. I proponenti evidenziano il concetto della “dignita’ del morire” per i malati terminali in stato di irreversibilita’. Si include infatti “nella disciplina dell’aiuto medico a morire anche quei pazienti che, sebbene non tenuti in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale (come ad esempio la ventilazione artificiale), siano comunque affetti da patologie gravi e irreversibili, fonte di sofferenze fisiche o psichiche intollerabili”.

La causa di non punibilita’ “include anche i delitti di cui agli articoli 575 (omicidio), 579 (omicidio del consenziente) e 593 (omissione di soccorso) ed e’ formulata in modo tale da valere anche per il passato”. “La Corte costituzionale ha dato al legislatore – questa la premessa del disegno di legge – l’irripetibile opportunita’ di rispondere in modo serio e ponderato alla domanda di riconoscimento che si leva dal corpo stesso dei malati. Una risposta sensibile alla dignita’ del morente e alla garanzia della miglior qualita’ di vita possibile, in armonia con la sua autodeterminazione e la sua visione della morte”. “E’ sempre garantita – si legge in un altro passaggio del testo – un’appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l’erogazione delle cure palliative” e “il paziente che intenda formulare la richiesta di aiuto medico a morire deve essere adeguatamente informato della possibilita’ di ricorrere a tali presidi”.

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