di Laura Della Pasqua
L’Italia non cresce. A dispetto dei messaggi autoincensatori di Matteo Renzi, il quadro economico del Paese e i conti pubblici sono in peggioramento. La congiuntura internazionale non accenna a migliorare e le previsioni contenute nella nota di aggiornamento del Def (il Documento di economia e finanza) che già allora parevano ambiziose, ora si stammo rivelando irrealistiche. Il governo dovrà quindi rivedere i conti alla luce di una crescita più debole del previsto. Il ministero dell’Economia è pronto ad abbassare le previsioni del pil per quest’anno, dall’1,6% all’1,4%. Il che vuol dire che servirebbe una correzione dei conti, ovvero una manovrina, di almeno 3 miliardi. Ma dal momento che si tratta di previsioni non è escluso che l’andamento del pil possa essere ancora più fiacco. L’Ocse ha appena stimato per l’Italia un progresso del pil per l’Italia di appena l’1% nel 2016. Il che vuol dire, secondo un calcolo di Unimpresa, una correzione dei conti che potrebbe salire anche a 9 miliardi. Va ricordato che l’anno scorso il governo diede per scontato a Bruxelles un drastico calo del deficit proprio grazie alla crescita del pil. Il che avrebbe consentito di raggiungere il paregio di bilancio nel 2018. Ma ora modificando le stime andranno rivisti anche gli obiettivi del deficit e il pareggio di bilancio rischia di slittare. Il governo si troverà ad un bivio: aumentare le tasse o rivedere la spesa pubblica. Il quadro complessivo che sarà meglio delineato dallo stesso governo entro la metà di aprile con il Documento di economia e finanza, secondo il Centro studi di Unimpresa, evidenzierà in ogni caso una debolezza strutturale della congiuntura.
Tutto ciò avrà inevitabili conseguenze sia sul programma futuro dell’esecutivo sia sulle promesse già fatte, specie in campo fiscale. Tenuto conto, peraltro, che la spending review si è rivelata una missione impraticabile, come dimostrato dall’aumento di 52 miliardi delle spese correnti della pubblica amministrazione nel 2015 rispetto al 2014, è assai probabile, conclude Unimpresa, che qualsiasi misura correttiva si traduca in un aumento delle tasse sia sulle famiglie sia sulle imprese. Il problema non è tanto la manovrina di aggiustamento in corso d’anno. Il macigno più grosso sarà quello del 2017 quando bisognerà trovare almeno 15 miliardi per impedire che scatti la clausola di salvaguardia, cioè l’aumento dell’Iva da gennaio. A questi bisognerebbe sommare altri 8,5 miliardi per arrivare al pareggio di bilancio nel 2018. Quindi si tratta di almeno 24 miliardi. Un cifra suscettibile di aumento se la congiuntura internazionale dovesse peggiorare. Sul governo pesa anche la spada di Damocle della Commissione europea che deciderà a maggio se concedere al governo di Renzi la flessibilità già inserita nella scorsa legge di Stabilità o bocciarla. Oggi la Commissione europea presentarà un rapporto sugli squilibri macroeconomici nei Paesi Ue.
L’Italia resta sotto osservazione ma Bruxelles riconosce i progressi fatti su diversi fronti – mercato del lavoro, istruzione, pubblica amministrazione e banche – e incoraggia Roma a fare di più. Nel documento si sottolinea l’alto debito pubblico. L’Italia, secondo la bozza del rapporto, è stata collocata nella categoria dei Paesi con squilibri macroeconomici “importanti” insieme alla Francia, al Portogallo e alla Bulgaria. Ma i toni utilizzati nel testo che descrive la situazione del Paese, sottolineano fonti europee, sono “piuttosto positivi e incoraggianti”. E questo anche se non mancano i rilievi critici che, oltre al peso del debito, evidenziano anche quanto resta ancora da fare, tra l’altro, per far crescere la produttività e combattere evasione e corruzione. Nel rapporto della Commissione anche la Germania resta sotto osservazione a causa del suo avanzo delle partite correnti, ma viene collocata nella fascia prima di quella in cui si trova l’Italia e dopo quella del gruppo dei Paesi promossi. La graduatoria preparata da Bruxelles prende anche una quarta categoria, quella dei Paesi in cui la situazione è così grave da richiedere azioni correttive importanti e quindi l’avvio di una procedura ad hoc che quest’anno, per la prima volta, riguarderebbe almeno un Paese che comunque non sarà sicuramente l’Italia.