Il 10 febbraio è il “Giorno del Ricordo”, la giornata istituita nel 2004 per ricordare la tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata nel secondo dopo guerra. Furono tra i 3.000 e i 5.000 i civili e i militari – soprattutto italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia – gettati dai partigiani jugoslavi di Tito negli inghiottitoi carsici. Le celebrazioni al Senato, con la presidente Elisabetta Casellati e il presidente della Camera Roberto Fico: “In questo scenario il dramma delle foibe assume i contorni di un genocidio di ferocia inaudita, di ferocia inaccettabile, ingiustificabile”.
“Oggi riaffermiamo con forza che quelle pagine drammatiche di storia appartengono a tutti gli italiani e sono parte integrante della coscienza civile dell’intera comunità nazionale”. A questo eccidio – compiuto tra il ’43 e il ’45 – seguì l’esodo istriano: tra il 1945 e il 1956 tra le 250.000 e le 350.000 persone – giuliani e dalmati italiani – vennero obbligati a emigrare dalle loro terre d’origine. Al Senato è intervenuto anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Oggi siamo qui per risanare quella ferita inferta a quelle genti e ai loro discendenti per chiedere ancora una volta scusa per l’oblio che ha inghiottito per decenni questa sciagura nazionale”.
Al concerto celebrativo del “Giorno del Ricordo” nella cappella Paolina, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella domenica ha ricordato che “esistono ancora piccole sacche di deprecabile negazionismo militante. Ma oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi”.