Cinque condanne e cinque assoluzioni: si è chiuso così il processo milanese sul presunto giro di tangenti attorno alla Fondazione Maugeri di Pavia. L’imputato eccellente, l’ex presidente della Regione Roberto Formigoni, è stato condannato a 6 anni di carcere. I giudici della Decima Sezione Penale di Milano lo hanno condannato per il reato di corruzione ma assolto dall’accusa di associazione a delinquere “per non aver commesso il fatto”. La pena più pesante è quella inflitta al presunto faccendiere della sanità lombarda Pierangelo Daccò: 9 anni e 2 mesi di carcere (contro gli 8 anni e 8 mesi chiesti per lui dai pm), condanna che si aggiunge a quella (già definitiva) di 9 anni già incassata da Daccò il crac dell’ospedale San Raffaele. Pari a 8 anni e 8 mesi, invece, la pena decisa dal Tribunale per l’ex assessore regionale alla sanità Antonio Simone. Condannati anche l’ex direttore finanziario della Fondazione Maugeri, Costantino Passerino (7 anni) e l’imprenditore Carlo Farina (3 anni e 4 mesi). Assolti, invece, l’ex direttore generale dell’assessorato alla sanità, Carlo Lucchina, l’ex segretario generale del Pirellone, Nicola Maria Sanese, l’ex membro dei Memores Domini (associazione cattolica laicale basata sui precetti di povertà, castità e obbedienza) Alberto Perego, e l’ex moglie di Simone, Carla Vites.
LA DIFESA “Non condividiamo la sentenza e presenteremo ricorso in appello dopo aver letto le motivazioni: ci preme sottolineare che è caduta l’accusa di associazione per delinquere sulla quale poggiava l’impianto accusatorio, che rivela un certo carattere di montatura”. Spiega così all’Ansa l’avvocato Luigi Stortoni, uno dei difensori di Formigoni. “L’assoluzione dei funzionari della Regione dimostra che le attività erano svolte in maniera legale – ha proseguito – e che la sanità lombarda era gestita correttamente. Questo conferma che i cosiddetti benefit non erano corruzione ma ‘cortesie’. Andremo davanti alla Corte d’Appello – ha concluso – sono convinto che un clima rasserenato dal tempo consentirà di valutare la realtà dei fatti e anche questa condanna per corruzione verrà superata”.
CONFISCA Il Tribunale di Milano, nel condannare Roberto Formigoni a 6 anni di carcere, ha disposto anche la confisca di ‘6.626.961,96’ euro a carico dell’ex Governatore, tra quadri, quote di proprietà di sette ‘abitazioni’ (da San Remo a Lecco fino ad Arzachena), di due box, di un terreno, di un ufficio e di un ‘negozio’ a Lecco, oltre a tre auto e conti correnti. E’ quanto risulta dal dispositivo della sentenza di otto pagine letto oggi in aula. In totale, i giudici della decima sezione penale (Gaetano La Rocca, Angela Laura Minerva, Marco Formentin) hanno disposto confische a carico di Formigoni, del faccendiere Pierangelo Daccò, dell’ex assessore lombardo Antonio Simone, dell’ex direttore amministrativo Costantino Passerino e dell’imprenditore Carlo Farina per quasi 70 milioni di euro. La stessa cifra che i pm contestavano come uscita, attraverso false consulenze, dalle casse della Fondazione Maugeri (61 milioni) e del San Raffaele (9 milioni), soldi in parte serviti, secondo l’accusa, per corrompere Formigoni.
Con la sentenza i giudici hanno decretato a carico di Formigoni anche la incapacità “di contrattare con la pubblica amministrazione per tre anni”, mentre hanno stabilito che i due reati di corruzione contestati e per cui è stato condannato decorrono “dal settembre 2006” e sono state “escluse le vicende di Tradate, Camaldoli e Dardanoni”. Le provvisionali di risarcimento di tre milioni, in totale, a favore della Regione Lombardia sono da ritenersi a carico in solido tra Formigoni, Daccò e Simone. Per Daccò è stata decisa una confisca di circa 34 milioni di euro, la più alta tra gli imputati. Nel processo i pm avevano fatto acquisire verbali, e-mail e documentazione contabile riferibile “all’acquisto di alcuni quadri”, tra cui una “Madonna del ‘600 e altri dipinti di scuola lombarda e napoletana” che sarebbero stati regalati all’ex Governatore. Nell’ambito delle indagini sulle presunte spese ‘pazze’ dell’ex presidente di Ferrovie Nord Milano Norberto Achille, infatti, il responsabile di un audit interno aveva spiegato che “sono stati individuati acquisti di 4 quadri” che sarebbero stati regalati all’allora Governatore. Da qui la confisca dei dipinti.