E’ di nuovo braccio di ferro tra la Corporate America e Donald Trump. A colpi di tweet, in un solo giorno il presidente eletto ha preso di mira General Motors, accusata di importare in Usa vetture prodotte in Messico senza pagare alcuna tariffa, e si è vantato della decisione di Ford di non investire più 1,6 miliardi di dollari in una nuova fabbrica in Messico. Tutte e due i gruppi tuttavia hanno voluto dare separatamente la loro versione dei fatti. Il gruppo guidato da Mary Barra è stato minacciato da Trump con una “tassa doganale alta” sulle Chevy Cruze importate in Usa dal Messico. Gm ha risposto al cinguettio del successore di Barack Obama dicendo che “tutte le berline Chevrolet Cruze vendute negli Stati Uniti sono prodotte nello stabilimento di Lordstown, in Ohio”, mentre in Messico sono costruiti modelli per il mercato globale e solo “una piccola parte è venduta negli Stati Uniti”.
AZIENDA FIDUCIOSA Dal canto suo Ford ha spiegato che “prende decisioni sulla base di quello che è meglio” per l’azienda stessa anche se l’annuncio odierno “è un voto di fiducia [anche] in quello che il presidente eletto farà”. Ai microfoni di Cnbc, il Ceo Mark Fields ha spiegato che ieri mattina aveva informato Trump e il suo vice Mike Pence di volere investire 700 milioni di dollari in una fabbrica a Flat Rock, in Michigan, dove verranno creati 700 posti di lavoro nuovi. I due “sono stati molto contenti”, ha continuato l’amministratore delegato di Ford. Il ministero dell’Economia messicano in una nota ha dichiarato di essere rammaricato per la decisione di Ford e aver ottenuto assicurazioni che la compagnia statunitense pagherà gli eventuali costi associati alla cancellazione dell’investimento allo stato di San Luis Potosi.
LA FOCUS Fields ha precisato che “come ogni altra azienda, guardiamo al contesto in cui operiamo e quello che abbiamo notato negli ultimi due anni è un notevole calo della domanda di vetture di bassa cilindrata. Ogni anno guardiamo alla nostra capacità e alle stime per la domanda ed è diventato molto chiaro che non avevamo bisogno di quella fabbrica e che possiamo usarne una esistente in Messico”. Tra i fattori presi in considerazione c’è stato anche “un contesto manifatturiero più positivo con il presidente Trump” di cui Fields ha citato le “politiche pro-crescita proposte” come un taglio alle tasse e una deregulation. Trump si è comunque vantato di essere la causa delle scelte di Ford, che come previsto trasferirà comunque dagli Usa al Messico la produzione della Focus.
LIBERO SCAMBIO E infatti su Twitter ha scritto: “Invece che portare via occupazione e ricchezza, l’AMERICA diventerà un magnete grandioso per l’INNOVAZIONE e LA CREAZIONE DI POSTI DI LAVORO”. Il botta e risposta tra Trump e le due aziende automobilistiche c’è stato nel giorno in cui il 45esimo presidente ha nominato Robert Lighthizer come negoziatore numero uno nell’ambito del commercio. Il suo curriculum è ideale per una amministrazione che punta a frenare le importazioni che lodono le aziende Usa e che intende rivedere il North American Free Trade Agreement, l’accordo di libero scambio tra Usa, Canada e Messico. Lighthizer aveva negoziato per conto dell’amministrazione Reagan accordi commerciali bilaterali e poi come avvocato ha lottato contro tariffe punitive imposte suo prodotti Usa venduti all’estero.