Otto anni e un mese a Faustino Giacchetto (foto), cinque e otto mesi al deputato Francesco Riggio, eletto in quota Pd, ex presidente dell’ente di formazione Ciapi, quattro anni a Stefania Scaduto, segretaria di Giacchetto, tre e mezzo a Rino Lo Nigro, ex direttore dell’Agenzia regionale per l’impiego: quattro condanne e due assoluzioni nel processo Ciapi, imperniato sullo scambio di favori tra politici e burocrati compiacenti e il manager della comunicazione Giacchetto, per il quale erano stati chiesti 12 anni. Con la condanna a cinque anni e otto mesi, Riggio perderà lo scranno di deputato all’Assemblea regionale siciliana. La procedura, infatti, prevede la notifica della sentenza da parte del tribunale di Palermo al Consiglio dei ministri, che a sua volta inoltrerà il decreto al Commissario dello Stato per la regione siciliana, che lo trasmetterà alla presidenza dell’Assemblea che si limiterà a prenderne atto. Quindi scatterà la sospensione per 18 mesi di Riggio, che dunque non concluderà la legislatura in quanto scade il prossimo autunno 2017. Il posto di Riggio sarà reso dal primo dei non eletti nella lista del Pd: Pino Apprendi. Tornando al processo, i giudici del tribunale di Palermo che hanno concluso oggi il processo hanno ritenuto Giacchetto la mente del raggiro. Il manager è stato interdetto dai pubblici uffici e hanno disposto la confisca di beni a lui riconducibili per quasi sette milioni di euro. Una maxitruffa all’Ue da 15 milioni di euro e dove tutto ruotava attorno all’ente di formazione della Regione Sicilia, il Ciapi appunto, foraggiato con finanziamenti multimilionari dall’Unione europea. Scagionato l’ex assessore regionale al Territorio Luigi Gentile, in parte per prescrizione e in parte nel merito. Assolta anche la moglie di Giacchetto, Concetta Argento. Tra i reati contestati, corruzione, evasione fiscale ed emissione di fatture false. In pratica, con i 15 milioni che il Ciapi, l’ente regionale di formazione in cui lavorava, avrebbe dovuto usare per finanziare campagne di comunicazione finalizzate in ultimo a trovare lavoro a oltre 1500 giovani siciliani, Giacchetto avrebbe fatto viaggi, comprato orologi di lusso, borse firmate, ma non solo. Tra le somme finite nelle tasche del project manager esperto in pubblicità e dominus di un complicato sistema di arricchimento illecito a spese dell’Ue, c’erano pure lavatrici e biglietti per concerti e tanti, tanti soldi, per l’accusa, destinati alla corruzione di politici e funzionari regionali.
Un saccheggio di denaro pubblico scoperto dalla Finanza che per due anni ha tenuto sotto controllo il Ciapi, l’ente “bancomat” spremuto da Giacchetto per vantaggi personali e per oliare la macchina amministrativa e politica che ricambiava con finanziamenti e appalti per l’organizzazione dei grandi eventi siciliani. Il “sistema Giacchetto” ha funzionato per anni anche perché alla Regione nessuno si era accorto di nulla. C’é voluto l’Olaf, l’Ufficio per la lotta antifrode della Commissione europea, chiamato a vigilare sui fondi che l’Ue destina ai progetti di formazione degli Stati membri, per scoperchiare la pentola sulla maxitruffa. Tanti i dubbi sulla regolarità della condotta del Ciapi segnalati dall’ufficio europeo alla Procura: tra questi quelli sul progetto Co.or.ap. In sintesi l’ente avrebbe dovuto, attraverso la creazione di centri di coordinamento, mettere in contatto giovani in cerca di lavoro e imprese a caccia di dipendenti. Attività per cui il Ciapi ha assunto con chiamata diretta 278 persone che, poi, sentite dai pm, hanno candidamente ammesso di non avere mai lavorato al progetto. Dei 1500 giovani da far lavorare con l’apprendistato, solo 14 hanno avuto un contratto. Mentre nessuno dei 600 ragazzi che avrebbero dovuto avere un’assunzione a tempo indeterminato ha trovato un impiego. In compenso il Ciapi ha spesso milioni.
Come? L’ente, presieduto da Francesco Riggio (foto) ex candidato Pd all’Ars, acquistava servizi a peso d’oro da due società riconducibili a Giacchetto, la Sicily Comunication srl e la Media Consulting, i cui titolari si sono poi trasformati nei principali accusatori del manager. Le ditte sovrafatturavano i servizi resi all’ente. Poi, per abbassare l’imponibile e restituire il denaro incassato a Giacchetto a loro volta acquistavano beni e servizi da altre imprese di prestanomi del manager. Che così si ritrovava in tasca milioni di euro. In alcuni casi la Finanza ha scoperto falsi preliminari di vendita di immobili: la Sicily Comunication srl e la Media Consulting fingevano di volere comprare case della famiglia di Giacchetto. Poi l’affare non veniva portato a termine e le ditte perdevano cospicue caparre. Parte dei soldi Giacchetto li spendeva per sè e per i suoi familiari: le due gole profonde che l’hanno accusato hanno dato ai pm la lunga lista degli acquisti del re della truffa. Parte veniva usata per corrompere dirigenti regionali dell’assessorato al Lavoro come Rino Lo Nigro che tra il 2007 e il 2009 ha foraggiato l’ente aumentando i soldi destinati al progetto Co.Or.Ap con motivazioni risibili e vaghe. Ingraziandosi le persone giuste Giacchetto sarebbe riuscito anche a pilotare diverse gare pubbliche per l’organizzazione di grandi eventi per 7 milioni di euro: per questa vicenda è in corso un processo separato. Al manager è stato sequestrato e in parte restituito un patrimonio milionario a cui ora hanno apposto i sigilli i giudici delle misure di prevenzione.