Il termine “salvinata” sarà pure entrato nella Treccani ma il segretario della Lega non perde occasione per lanciarne qualcuna. Oggi, e non è la prima volta, Matteo Salvini ha attaccato il Papa in visita ai campi profughi nell’isola greca di Lesbo. Attacco niente male: “Con tutto il rispetto, il Papa sbaglia. Mi sembra che la catastrofe avvenga in Italia, non in Grecia. 300.000 reati commessi da immigrati (dati 2014), il 40% degli stupri e il 75% dello spaccio a carico di immigrati, 20.000 immigrati nelle carceri italiane e 120.000 (oltre il 60% clandestini) in case e alberghi. Intanto 1.400.000 bambini in Italia vivono sotto la soglia di povertà assoluta”. I numeri sono reali, d’accordo, ma cosa pretende Salvini dal Pontefice che chiuda gli occhi? Che non lanci il suo messaggio politico al mondo e non soltanto alla Grecia? Già prima di atterrare Francesco aveva definito l’incontro di Lesbo non un normale viaggio apostolico ma il “viaggio della tristezza” perché andava a “incontrare la catastrofe umanitaria più grande dopo la Seconda Guerra Mondiale. Tanta gente che soffre, non sa dove andare, ha dovuto fuggire. Andremo anche a un cimitero: il mare. Tanta gente è annegata”. Una visita umanitaria durante la quale ha assicurato ai profughi il sostegno e la vicinanza ma soprattutto ha chiesto all’Europa di “guardare”, di fare una politica di integrazione, crescita, lavoro e riforma dell’economia, senza paura anche se l’accoglienza è una grande responsabilità non è una soluzione fare i muri. “Servono ponti col dialogo e l’intelligenza”. E quei disegni che alcuni piccoli profughi gli hanno regalato lo hanno addolorato fortemente, facendogli toccare con mano la sofferenza che provocano le migrazioni, quei viaggi affrontati per cercare libertà e serenità e dove spesso si rischia la morte. Papa Francesco “costringe” il mondo a guardarlo durante il suo viaggio con l’intento di far capire al mondo che non è portandosi tre famiglie a Roma che vuole dare l’esempio dell’accoglienza aspettandosi generosità da tutti. L’accoglienza non basta, il mondo deve rendersi conto che queste ondate migratorie sono un problema globale, non soltanto dell’Italia, della Grecia o della Turchia, sono un problema che non finirà domani, un problema di cui tutti i Paesi devono farsi carico con strategie a lungo termine che non prevedono la “difesa” ma l’integrazione. Ecco, di fronte la visione globale e umanitaria di Francesco la “salvinata” è un po’ riduttiva… *Condirettore de Il Tempo