Fronda al Sinodo, il giallo della lettera al Papa

LA RETE SCUOTE LA CHIESA La missiva, rivelata da un sito internet mette in dubbio l’equanimità del testo base. Allarme per le novità, diversi “firmatari”: non ne sappiamo nulla di Enzo Marino

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di Enzo Marino

Il sinodo “non è un convegno o un parlatorio, non è un parlamento o un senato, dove ci si mette d’accordo”. Papa Francesco lo aveva detto in apertura dell’assemblea che, aperta lunedì della scorsa settimana, si concluderà il prossimo 25 ottobre. Il sinodo è “un’espressione ecclesiale” dove vescovi di tutto il mondo si confrontano su Vangelo e famiglia, ognuno può meditare, riflettere, pregare, alzare la voce, cambiare idea, lontano dalla curiosità dei mass media, aperto allo Spirito santo. Proprio sui media, però è finita una lettera al Papa che prefigura una strategia frondista. E che, una volta uscita allo scoperto, come nelle migliori tradizioni parlamentari, diventa oggetto di defilamenti, smentite, contestazioni. La missiva, rivelata da un sito internet italiano, enumera “una serie di preoccupazioni”, mette in dubbio l’equanimità del testo base del sinodo, l’Instrumentum lavoris, critica le nuove procedure che potrebbero “scoraggiare un dibattito aperto”, esprime “notevole disagio” per la commissione di redazione del testo finale, chiede che qualsiasi membro dei gruppi linguistici incaricato della redazione di qualsiasi testo sia “eletto, non nominato” e fa appello affinché il dibattito non sia “dominato dal problema teologico/dottrinale della comunione per i divorziati risposati”. Documento firmato, scriveva il sito, da tredici cardinali: Caffarra, Collins, Dolan, Eijk, Mueller, Napier, Pell, Sarah, Urosa Savino, Scola, Piacenza, Erdo, Vingt-Trois.

Nel corso della giornata, però, questi ultimi quattro fanno sapere di non aver firmato la lettera. Napier ha spiegato al sito statunitense Crux di aver sì firmato una lettera, che criticava la composizione della commissione che redigerà il testo finale, ma non la missiva pubblicata dal sito. Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, nel corso del briefing quotidiano puntualizza, con un filo di ironia: “Non prendete sempre per buono ciò che viene pubblicato, prima verificate”, e comunque “alcuni cardinali interpellati cominciano a dire che non l’hanno firmato…”. L’esistenza di una fronda al sinodo, preoccupata che l’aperturismo introdotto da Papa Francesco provochi uno smottamento della “dottrina”, in realtà, non è una novità assoluta. Il fatto era trapelato quando, irritualmente, Bergoglio in persona era intervenuto nella discussione a porte chiuse – a quanto riportato dalla sala stampa vaticana – per rispondere ad alcune “domande” sul metodo sinodale: l’Instrumentum laboris era legittimamente il documento base della discussione, i relatori dei circuli minores vengono regolarmente eletti, non nominati, i dieci membri della commissione che redigerà il testo finale eletta dal Papa esattamente come l’anno scorso. Bergoglio ha poi precisato, in quella occasione, che la comunione ai divorziati risposati non era effettivamente “l’unico tema” delle discussioni e che, ad ogni modo, “la dottrina sul matrimonio non è mai stata messa in discussione”. Il direttore della Cività cattolica, padre Antonio Spadaro, aveva poi aggiunto un tassello della comunicazione papale, spiegando che Francesco ha invitato i padri sinodali a non cadere nella “ermeneutica cospirativa”. Chiosa, il giorno dopo al briefing, di mons. Charles Chaput, arcivescovo di Philadelphia: il Papa “ci ha invitato a non considerare l’uno cospiratore contro l’altro, ma lavorare tutti per l’unità. Il punto di partenza nello stile da adottare nel Sinodo sulla famiglia non deve essere l’attività di lobby, ma la fiducia che Dio guida la Chiesa. E non siamo qui per vincere qualcosa, siamo qui per giungere a quella verità che il Signore ha stabilito per la sua Chiesa”.

Concetto riecheggiato dal Papa stesso ad una messa mattutina a casa Santa Marta: interpretare male chi fa il bene, calunniare per invidia, tendere trappole per far cadere, tutto questo non viene da Dio ma dal diavolo. La questione sembrava chiusa, invece oggi è rimbalzata, tramite web. “Il collasso delle chiese protestanti liberali nell’epoca moderna, accelerato dal loro abbandono di elementi chiave della fede e della pratica cristiana in nome dell’adattamento pastorale, giustifica una grande cautela nelle nostre discussioni sinodali”, si legge nella missiva al Papa. La cui paternità, però, traballa appena viene alla luce. Tra i firmatari che non hanno ancora smentito di averla sottoscritta, due cardinali a capo di importanti dicasteri vaticani, Pell (segreteria per l’Economia), che ha già detto e ridetto che a suo avviso la disciplina che vieta la comunione ai divorziati risposati non si può cambiare, e Mueller (dottrina della fede), che nelle scorse settimane ha già detto che “si dovrebbe essere molto vigili e non dimenticare la lezione della storia della chiesa”, perché è sulla questione della presunta separazione tra dottrina e pastorale che si è articolata la rivoluzione protestante del 1517. Cioè uno scisma. Toni perentori, allarmati. Molto lontani da quelli di un altro padre sinodale che – è stato riferito al briefing – ha affermato che “i due poli, cambiare tutto o non cambiare nulla, non sono un’opzione”. Perché in un mondo che cambia, la Chiesa deve trovare “nuove vie”, senza tradire sé stessa né rimanere paralizzata dalla paura.