Pronti a votare contro la ratifica del Mes: è questa la minaccia contenuta in una lettera sottoscritta da 42 deputati e 16 senatori del Movimento 5 stelle (rispettivamente poco meno di un quarto del gruppo parlamentare della Camera e quasi un quinto di quello al Senato, ma fonti di vertice parlano di alcune firme “già ritirate”: quelle dei deputati Iolanda Di Stasio e Mattia Fantinati e della senatrice Loredana Russo, che smentisce di aver firmato o letto il testo).
Il messaggio è indirizzato al capo politico del M5S Vito Crimi, al capodelegazione stellato al Governo Alfonso Bonafede, ai capigruppo parlamentari del Movimento, all’ex capo politico Luigi Di Maio e ai sottosegretari alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro e Laura Agea. E proprio sul tema scottante del Mes è convocata per venerdì 4 alle 20.45 l’assemblea congiunta di deputati e senatori del M5S. Nella lunga lettera si ricordano le posizioni costantemente espresse dal M5S e le risoluzioni parlamentari votate dalle due diverse maggioranze dei governi Conte 1 e del Conte 2, che richiamavano, in modi diversi, alla necessità di subordinare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità a un “pacchetto” di altre riforme.
“In questi ultimi mesi, quindi, non sono mutati – avvertono i firmatari tirando le somme delle considerazioni svolte sull’orientamento assunto dall’Eurogruppo e che dovrebbe essere sancito dal consiglio europeo del 10 e 11 dicembre – né i termini della riforma, né il ‘pacchetto completo’. Ciò che è cambiata invece è la volontà di quasi la metà del Parlamento di accedere al MES, rendendo de facto questo strumento più vicino al nostro paese, ed il contesto macroeconomico legato alla pandemia Covid che rende ancora più inadeguato questo strumento. L’Europa del post-covid non può essere retta da strumenti pensati per assecondare politiche di austerità. Irrigidire ulteriormente questi strumenti, peraltro, sarebbe un grave errore storico, e non può bastare dire di non volere accedere al MES per avallare a cuor leggero una sua reformatio in peius, proprio per via dei suoi effetti immediati e perché nessuno può essere certo di rimanere al governo del Paese per sempre. In sintesi, il nuovo contesto dovrebbe portarci a riaffermare, con maggiore forza e maggiori argomenti, quanto già ottenuto negli ultimi mesi: NO alla riforma del MES”.
“Per questi motivi, consci delle diverse posizioni nella maggioranza, che non vogliamo in nessun modo mettere a rischio, chiediamo – si legge nella missiva – che nella prossima risoluzione parlamentare venga richiesto che la riforma sia subordinata alla chiusura di tutti gli altri elementi (EDIS e NGEU) delle riforme economico-finanziarie europee in ossequio alla logica di pacchetto, o in subordine, a rinviare quantomeno gli aspetti più critici della riforma del MES sopra menzionati. Anche lo scorso anno si dava tutto per chiuso ma siamo riusciti nel nostro intento, ora è il momento di non arretrare su posizioni che non sono nostre. Ciò è ancora più vero in un momento storico in cui serve reale integrazione europea e spirito di solidarietà fra i Paesi dell’Eurozona, piuttosto che il potenziamento di istituzioni intergovernative esterne alle istituzioni comunitarie”. “In difetto, l’unico ulteriore passaggio che i parlamentari del Movimento 5 stelle avrebbero per bloccare la riforma del MES sarebbe durante il voto di ratifica nelle due Camere”, concludono i promotori dell’iniziativa, che si dicono comunque “pronti a collaborare”.
Nel merito, la lettera contesta proprio i contenuti dell’intesa avallata dal Governo sulla riforma del Mes: “Ricordiamo quindi – scrivono i parlamentari del M5S che si oppongono – che, se non per l’anticipo del cosiddetto backstop all’SRF (condizionato preliminarmente al bail-in bancario di azionisti e obbligazionisti), l’ipotesi di riforma non è cambiata rispetto allo scorso anno, in particolare per quanto riguarda 1) il ruolo rafforzato del MES nella procedura di valutazione di accesso alle linee di credito 2) la nuova suddivisione tra paesi ‘virtuosi’ e ‘viziosi’, secondo le stesse logiche e parametri che diciamo di voler cambiare, a linee di credito differenziate (aiutando i virtuosi e penalizzando i viziosi) e 3) l’introduzione delle clausole CACs-single limb che semplificherebbero la ristrutturazione del debito pubblico. Punti evidenziati chiaramente anche da 32 economisti ed accademici italiani in un appello al Governo: il combinato disposto di queste riforme, nel contesto di un maggiore debito pubblico causato dal Covid, potrà mettere sotto seria pressione il nostro Paese nel giro di un paio di anni, anche senza attivare una linea di credito MES”.
“Inoltre, nella cosiddetta logica di pacchetto, non si registra alcun avanzamento – fanno notare ancora i firmatari della missiva indirizzata ai vertici del M5S – sul completamento dell’Unione Bancaria, che dovrebbe prevedere, nel suo terzo ed ultimo pilastro , l’istituzione di uno schema europeo di tutela dei depositi, e volendo prendere il progetto di Next Generation EU (temporaneo) per il BIIC (permanente) dobbiamo riconoscere che, nonostante i numerosi e positivi passi in avanti, questo risulti ad oggi ancora sostanzialmente bloccato”.