Fronda M5s sul Mes fa tremare governo, una settimana per mediare

Fronda M5s sul Mes fa tremare governo, una settimana per mediare
Matteo Renzi, Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio
2 dicembre 2020

La lettera dei dissidenti M5s contro il Mes è una doccia fredda per il premier Giuseppe Conte e anche per gli alleati di governo. Premier e partiti di maggioranza erano convinti che il sì alla riforma dettato da Vito Crimi fosse sufficiente a superare senza incidenti il voto del 9 dicembre, ma il nuovo strappo rimette tutto in discussione e a questo punto l’apprensione c’è, eccome. Soprattutto al Senato, dove la maggioranza è risicata. Il punto fermo, per il governo, è che il 9 si vota, non ci può essere alcun rinvio del pronunciamento sulla riforma del Mes.

L’Ue non lo accetterebbe e Pd e Iv non acconsentirebbero mai a rimandare ulteriormente. Il lavoro, adesso, è soprattutto a livello di “moral suasion”, si cerca di limitare i danni, evitando almeno il voto contrario dei ribelli. “Servono confronto e pazienza, manca ancora una settimana”, sottolineano fonti qualificate del M5s. Per i pentastellati, i pilastri sono due: “No all’uso del Mes e massimo sostegno al presidente Conte”. In mezzo c’è lo spazio (tanto o poco si vedrà) per lavorare. Se i firmatari della lettera si limitassero a non partecipare al voto sarebbe già molto, perché stavolta non è richiesta la maggioranza assoluta come sullo scostamento di bilancio e qualche voto a favore dal centrodestra – nonostante la presa di posizione di Silvio Berlusconi – è praticamente certo.

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Venerdì sera c’è l’assemblea congiunta di deputati e senatori M5s proprio sul Consiglio europeo. Nel Movimento si stanno discutendo anche gli assetti dopo gli Stati generali e Palazzo Chigi preferisce lasciar fare questo percorso: “Poi lunedì vediamo a che punto siamo”, commentano fonti di governo, convinti che la lettera dei dissidenti possa essere anche un posizionamento interno nell’ottica dello scontro su direttorio-segreteria. Ma il passaggio è delicato e serve cautela, perché la vicenda può facilmente sfuggire di mano. Per questo anche Pd e Iv, al momento, preferiscono stare alla finestra e vedere cosa succede.

In casa Pd fanno notare: “Un conto è se i dissidenti votano contro, altra cosa è se non votano. Noi siamo pronti lavorare per una mediazione, se c’è la volontà si trova una risoluzione che metta tutti d’accordo”. A patto, però, che non si mettano in discussione due punti: “Primo, non firmeremo mai un testo che dice ‘non prenderemo mai il Mes’. Un conto è lasciare da parte la questione, altra cosa è mettere nero su bianco che diciamo no”. Secondo, nessuno pensi di chiedere altro tempo, di proporre un ulteriore rinvio della riforma. “Anche questo – dicono dal Pd – non potremo accettarlo”.

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