“Fuga da inferno Libia”, 450 migranti approdano ad Augusta

Nell’imbarcazione anche 78 donne di cui 6 in gravidanza e 101 minori

“Fuga da inferno Libia”, 450 migranti approdano ad Augusta

E’ giunta stamane al porto di Augusta nave “Aquarius” gestita da Sos Mediterranee e Medici senza frontiere (MSF), con a bordo 450 migranti. Di questi 115 erano stati soccorsi sabato da un gommone in difficolta’ in acque internazionali, a 35 miglia largo delle coste libiche. Gli altri 335 sono stati recuperati tra sabato e domenica da mercantili e dalla nave della Ong spagnaola ProActiva. Tra loro 78 donne – di cui sei in gravidanza – e 101 minori, 60 dei quali non accompagnati. Difficoltose e lungo le operazioni a approdo a causa del mare fortemente agitato. “Le condizioni meteorologiche invernali rendono le operazioni sempre piu’ complesse e sempre piu’ richiedono professionalita’ da parte dei soccorritori. A bordo delle imbarcazioni in difficolta’ le persone sono terrorizzate a causa del forte vento, del freddo, del mal di mare. Non hanno salvagente, non hanno esperienza in mare, ma cio’ che piu’ temono e’ la prospettiva di essere intercettati e riportati nell’inferno libico, dal quale sono appena fuggiti”, racconta Nicola Stalla, coordinatore delle operazioni di ricerca e soccorso di Sos Mediterranee. Provengono da ventisei Paesi diversi: Africa occidentale (tra cui Senegal, Costa d’Avorio, Guinea Conakry e Mali), Nord Africa, ma anche Libia, Siria, Eritrea, Palestina. Gran parte delle persone salvate accusavano da mal di mare a causa delle cattive condizioni meteo, una donna in procinto di partorire, oltre a una persona gravemente disabile sono state affidate alle cure del team di Msf. Drammatiche le testimonianze: “Sulla spiaggia le persone avevano paura di fronte al mare agitato. Ma le guardie in uniforme ci hanno puntato contro le pistole e costretto a salire”, ha riferito uno dei naufraghi a bordo del gommone soccorso nella mattina di sabato.[irp]

“Preferisco morire piuttosto che tornare in prigione”, ha raccontato un venticinquenne camerunense ai volontari, “un giorno in prigione in Libia una guardia ha sparato in aria e tutti sono fuggiti. Io no. Ero sdraiato a terra, la guardia mi ha colpito alla testa con delle pietre, sanguinavo. In cella ci hanno picchiato: mani e piedi legati, appesi a testa in giu’, ci hanno colpito per tre giorni sulle articolazioni. Quando gli europei venivano a visitarci le guardie ci dicevano di non parlare. Sceglievano chi mostrare agli europei. Io pero’ ho parlato e quando sono andati via mi hanno punito trascinandomi in strada per 200 metri. Dopo le violenze, ti riportano in cella”, ha concluso. “Ho trascorso due mesi in Libia. Eravamo fantasmi. Dovevamo nasconderci tutto il tempo. Siamo finiti in prigione diverse volte. Un uomo del gruppo con cui ero partita dalla Guinea e’ stato venduto per 700 dollari”, ha raccontato una donna della Guinea, “una volta un rappresentante ufficiale della Guinea e’ venuto nella nostra prigione per visitarla e portare delle persone all’aeroporto per rimandarle nel loro Paese. La mia amica temeva fosse un inganno e che ci avrebbero preso per torturarci, cosi’ ci siamo nascoste. Pochi giorni dopo e’ stata violentata e picchiata. E’ morta”. E ancora: “Abbiamo provato in ogni modo a uscire di li’. Abbiamo scavato un buco nel bagno ma le guardie ci hanno scoperti. Abbiamo tentato di forzare la cella, con un amico eravamo quasi riusciti a scappare ma ci hanno presi mentre eravamo sulla recinzione e picchiato. Non ho piu’ osato provare a scappare, ma non avevo piu’ paura di niente, ero gia’ morta”.[irp]

Un tredicenne della Guinea ha raccontato di aver tentato due volte di fuggire dalla Libia via mare: “La prima volta la barca si e’ sgonfiata, tutti urlavano, siamo tornati sulla spiaggia spinti dalle onde. La seconda volta la barca e’ stata fermata dagli Asma Boys, i criminali del mare, e siamo stati riportati indietro”. Una realta’ inaccettabile: “Le testimonianze raccolte domenica a bordo della Aquarius raccontano dell’estrema gravita’ della situazione in Libia per migranti e rifugiati, che in mancanza di alternative sicure rischiano la propria vita in mare per fuggire da quello che chiamano inferno libico. Oggi l’urgenza assoluta e’ andare a salvare in mare le persone che continuano a fuggire e di accompagnarle in un luogo sicuro, dove siano protetti e dove i loro diritti fondamentali di esseri umani vengano rispettati”, ha detto Sophie Beau, vice presidente di Sos Mediterranee. Venerdi’ 8 dicembre l’Aquarius, riferisce la Ong, e’ stata testimone dell’intercettazione da parte della Guardia costiera libica di un’imbarcazione in difficolta’ in acque internazionali al largo della Libia, 35 miglia nautiche dalla costa. Il natante e’ stato individuato da un aereo del dispositivo Eunavformed e una nave militare irlandese dell’operazione Sophia era presente nella zona dell’intercettazione: “L’offerta di assistenza da parte della nostra nave umanitaria e del suo equipaggio di soccorritori professionisti e’ stata rifiutata dalla Guardia costiera libica, che ha dichiarato di coordinare l’operazione e ha intimato alla Aquarius di allontanarsi dalla zona. Le persone intercettate dalla Guardia costiera libica sono state ricondotte in Libia”. Ha concluso Sophie Beau: “Continueremo a testimoniare presso la societa’ civile europea, i media e i responsabili politici e a denunciare la realta’ inaccettabile che persiste nel Mediterraneo in contrasto con i fondamentali valori d’umanita’ europei. In mancanza di un’adeguata risposta istituzionale europea alla perdurante crisi umanitaria al largo delle coste libiche, l’Aquarius continuera’ la propria missione per tutto l’inverno senza sosta”.[irp]