I leader del G7, nel loro summit virtuale convocato in emergenza dalla presidenza di turno tedesca e allargato al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, hanno condannato gli attacchi missilistici russi contro le città ucraine, hanno ribadito il no alle annessioni di regioni ucraine nella Federazione russa, hanno annunciato che imporranno ulteriori costi economici su Mosca e hanno espresso sostegno all’indagine sul sabotaggio dei gasdotti Nord Stream. “Condanniamo questi attacchi nella maniera più forte possibile e ricordiamo che gli attacchi indiscriminati contro civili innocenti costituiscono un crimine di guerra. Il presidente (russo Vladimir) Putin e gli altri responsabili dovranno renderne conto”, si legge nel comunicato finale del vertice.
I leader del G7 hanno inoltre condannato le annessioni delle quattro regioni oggetto di referendum, oltre che quella della Crimea e della città di Sebastopoli. “Noi solennemente ribadiamo che non riconosceremo mai quest’annessione illegale o i finti referendum che la Russia usa per giustificarle”, si legge ancora nel comunicato finale, in cui si accusa la Russia di aver violato la Carta Onu e si chiede a tutti i paesi del mondo di respingere in maniera inequivocabile le annessioni. Nel comunicato, ancora, si specifica che i paesi del G7 “continueranno a imporre ulteriori costi economici alla Russia, a partire dagli individui e dalle entità – dentro e fuori la Russia – che forniscono sostegno politico o economico ai tentativi illegali della Russia di cambiare lo status del territorio ucraino”.
Inoltre, i leader dei Sette deplorano la parziale mobilitazione dei riservisti russi e “l’irresponsabile retorica nucleare che pone la pace e la sicurezza globale a rischio”. E minacciano “severe conseguenze” se dovessero essere usate armi chimiche, biologiche o nucleari. Per quanto riguarda la grave situazione presso la centrale nucleare di Zaporizhzhia, i leader G7 condannano le pressioni sul personale ucraino e affermano che riterranno “la Russia responsabile per ogni incidente che venga causato dalle loro azioni”. Un paragrafo è anche dedicato alla Bielorussia, guidata dall’autocratico presidente Alexander Lukashenko. Nel comunicato si chiede a Minsk di astenersi dal consentire ancora alle forze russe di “usare il territorio bielorusso” e “sostenere i militari russi”. E si definisce l’annuncio della costituzione di un gruppo militare congiunto russo-bielorusso come “un esempio della complicità del regime bielorusso con la Russia”.
A Zelensky i leader G7 assicurano che l’impegno a “fornire sostegno all’Ucraina per garantire la sua sovranità e integrità territoriale” è “imperterrito e fermo”. Quindi continueranno “a coordinare gli sforzi per rispondere alle esigenze urgenti di equipaggiamento militare e di difesa”, oltre a contare sulla Conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina prevista per il 25 ottobre per la definizione della ripresa dell’Ucraina postbellica. Una possibilità di pace in Ucriana, continua il comunicato, deve rispettare una serie di elementi: rispetto della Carta Onu sull’integrità territoriale e sovranità dell’Ucraina; possibilità per Kiev di difendersi da sé in futuro; fondi per ricostruire l’Ucraina, che devono provenire anche dalla Russia; accertamento delle responsabilità per i crimini russi commessi durante la guerra. I leader G7 hanno infine espresso turbamento per i “deliberati danni ai gasdotti Nord Stream in acque internazionali nel Mar Baltico e hanno condannato con forza ogni deliberata distruzione di infrastrutture critiche”, esprimendo sostegno alle indagini in corso.
Sul fronte diplomatico, il Cremlino appare piuttosto orientato a dialogare con il principale sponsor dell’Ucraina, Joe Biden. Tanto che a Mosca sono pronti a considerare la proposta di un incontro tra i presidenti russo e americano al G20 di Bali, “qualora venisse inoltrata”, ha fatto sapere il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov. Nei giorni scorsi questa possibilità non era stata esclusa neanche dallo stesso Biden, e un’apertura al dialogo era stata lanciata anche dal segretario di Stato Antony Blinken. Almeno una tregua, in effetti, appare di interesse comune: per Biden, perché teme che Zelensky si spinga troppo in là negli attacchi oltre confine. E per Putin, perché la controffensiva ucraina è sempre più efficace, come dimostra anche l’attacco al ponte in Crimea.
E’ anche possibile che il lato conciliante di Putin sia solo l’ennesimo trucco per guadagnare tempo e consentire al suo esercito di riorganizzarsi, ma di certo il presidente russo è molto attivo sul fronte diplomatico. A San Pietroburgo ha ricevuto il capo dell’Aiea Rafael Grossi, alla luce della cronica situazione d’emergenza intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, continuamente sfiorata dai raid. Di questo tema, ha assicurato Putin, è disposto a discutere. Ancora più atteso è il faccia a faccia tra lo zar e il turco Erdogan giovedì ad Astana, a margine di un vertice regionale. Ankara ha rinnovato l’appello ad un cessate il fuoco “il più presto possibile”, ed è un fatto che il Sultano sia l’interlocutore della Nato più rispettato da Putin. C’è anche un altro indizio che lo zar sarebbe pronto a negoziare con il nemico.