Editoriale

Gasdotto, Alta velocità e acciaio: ogni promessa (a vuoto) 5stelle è penale

Sembra che con i verbi vada meglio. Ma ora, Luigi Di Maio, rischia di rimanere incastrato tra una “manina” e una “penale”. Due parole chiave che il vice premier, tira fuori ogni qual volta deve imboccare una strada diversa da quella tracciata in campagna elettorale. O ogni qual volta si ritrova sotto agli occhi qualcosa che lo possa mettere politicamente in imbarazzo. Così è accaduto con il Decreto dignità e la manovra. E così sta avvenendo tra gli ulivi di Puglia e la spiaggia di San Foca, dove sono in corso i lavori per la costruzione del Trans Adriatic Pipeline (TAP), il gasdotto che dall’Albania dovrebbe arrivare sulle coste pugliesi.

Un territorio sul piede di guerra perché ha fatto eleggere più di una decina di parlamentare Cinquestelle proprio perché Di Maio aveva promesso che la Tap non doveva essere realizzata. E siccome è arrivato il via libera all’opera dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, con l’ok proprio del vice premier pentastellato, per uscire dalle sabbie mobili, Di Maio fa scattare il mantra: la Tap non si può bloccare, si rischiano “penali per quasi 20 miliardi di euro”. Parole che fanno saltare in aria i pugliesi, compreso il governatore, Michele Emiliano, che proprio fino a ieri, sembrava più pentastellato che dem. Gli attacchi ai Cinquestelle e in particolare a Di Maio, in queste ore sono senza precedenti. Non a caso il premier scende in campo in difesa del suo vice.

“E’ certo che interrompendo il progetto Tap, lo Stato italiano verrebbe coinvolto in un contenzioso lungo e perdente – afferma Conte – i cui costi potrebbero aggirarsi, in base a una stima prudenziale, in uno spettro compreso tra i 20 e i 35 miliardi di euro”. In soldoni, lo Stato dovrebbe sborsare una somma maggiore alla quella che serve per attuare la tanto contestata manovra. La protesta dei pugliesi, e dei ‘No Tap’, è stata definita dagli stessi Cinquestelle, un modo per attaccare il governo gialloverde. Una motivazione un po’ superficiale per usare un eufemismo. Perché un dato è certo: il M5s ha promesso la non realizzazione dell’opera a migliaia di pugliesi. Poi, c’è la penale? Ebbene, prima di promettere, una forza politica che mira a governare un Paese – e in particolare Di Maio che aspirava a fare il premier – doveva bene documentarsi sullo stato dell’arte della Tap, con annesse conseguenze in caso di rescissione di contratti.

Viceversa, si rischia quello che sta proprio accadendo. Inevitabile. Come d’altronde è successo anche a Taranto, per rimanere in Puglia. Qui c’è l’Ilva che per mesi, nel corso della campagna elettorale, Di Maio ne ha megafonato la chiusura. Ma è stato lo stesso Di Maio, in qualità di ministro dello Sviluppo, a firmare il documento relativo allo stabilimento d’acciaio più importante d’Europa, disponendo di non annullare la gara di aggiudicazione del colosso ArcelorMittal. E questo dopo settimane di dichiarazioni con le quali il vice premier dichiarava l’illegittimità della gara. Per poi, in un secondo tempo, aggiustare il tiro arrampicandosi sugli specchi: “È illegittima ma non si può annullare”.

E’ opportuno ricordare che i 5Stelle a Taranto hanno eletto cinque parlamentari. Ed è anche opportuno ricordare che nel contratto di governo siglato dal M5s con la Lega, non si parla di chiusura dell’Ilva. Come a pagina cinquanta non si parla, contrariamente a quello che dice invece Di Maio, di non realizzare la Tav. “Con riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”, riporta il contratto sul quale sono stati chiamati a votare i militanti e gli iscritti grillini per l’approvazione. “Ridiscuterne” non significa “non fare l’opera”. Speriamo che, anche questa volta, non sia colpa di qualche “manina”. Ma la questione appare un’altra: è il M5S in grado di diventare forza credibile di governo sotto la guida del suo attuale leader Luigi Di Maio? Staremo a vedere.

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