I giovani, spaventati da una serie di difficoltà nell`accesso alla scuola o al mondo del lavoro, in una società molto competitiva scelgono a volte di ritirarsi nel loro guscio, di non uscire di casa, di recludersi in compagnia di smartphone e videogiochi. È avvenuto e sta avvenendo in Giappone, dove esiste un nome preciso per indicare questa generazione perduta: gli hikikomori. Anna Maria Caresta, giornalista della redazione Cultura del Giornale Radio Rai, è andata in Giappone, ha incontrato giovani, operatori scolastici e sanitari e li ha messi in parallelo con fenomeni analoghi esistenti nel nostro paese. Ne è uscito il libro “Generazione Hikikomori” (editore Castelvecchi).
“Ho visto tanti giovani trascorrere tante, troppe ore davanti al computer. Li ho visti nella sale Lan, dove giocano con i videogiochi, collegandosi con persone dall’altra parte del mondo e mi sono incuriosita: ma perché si passa così tanto tempo davanti al computer e perché una generazione che apparentemente comunica molto finisce per comunicare meno o troppo poco?”, ha raccontato Caresta.
“Ho scoperto che in Giappone c’erano gli Hikikomori, ragazzi chiusi in loro stessi, chiusi in una sindrome che si chiama social-withdrawal, ritiro sociale. Questo ritiro sociale colpisce spesso i giovani a volte addirittura, dai 12-13 anni, con il ritiro scolastico. Poi a volte i ragazzi si chiudono dentro se stessi, soprattutto nel periodo adolescenziale. Ora questa sindrome, che è solo un disagio, non una malattia, viene studiata, ma i ragazzi vanno presi presto e vanno riportati alla loro vita normale, alla loro vita sociale, per questo ho scritto Generazione Hikikomori”, ha spiegato.