Gioielli e alta moda, Istituto musicale Catania come bancomat: 23 arresti
Indagate 38 persone tra cui dipendenti e imprenditori. Sottratti alle casse oltre 10 milioni
La ‘Band del buco’. Un’associazione criminale che aveva svuotato le casse dell’ente musicale di Catania. Dipendenti e dirigenti infedeli, imprenditori: un gruppo collaudato che utilizzava l’ente come un bancomat, anche per finanziare viaggi, l’acquisto di gioielli e capi di alta moda, e che per questo l’aveva ridotto in rovina, provocando un buco da 14 milioni di euro. E’ quanto scoperto nell’indagine culminata nell’operazione denomina “The Band”. Ventitre gli arrestati – (6 in carcere e 17 ai domiciliari), 38 complessivamente gli indagati, con il contestuale sequestro preventivo di beni fino alla concorrenza di 14 milioni di euro nei confronti di funzionari e dipendenti dell’Istituto Superiore di studi musicali “Vincenzo Bellini” nonche’ di altri soggetti coinvolti (persone fisiche e giuridiche) esterni all’ente pubblico. Peculato continuato, ricettazione, riciclaggio e di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio connessi alla illecita distrazione e depauperamento di risorse finanziarie dell’istituto pubblico catanese, i reati contestati agli indagati che, secondo gli investigatori, hanno seriamente minato la solidita’ finanziaria dell’ente, sottraendo ingenti risorse economiche, con l’appropriazione di finanziamenti pubblici tra l’ottobre 2007 e il febbraio 2016. Ente pubblico fondato nel 1951 dal Comune e dalla Provincia di Catania, l’istituto musicale e’ finanziato annualmente con contributi del Comune, della Citta’ metropolitana e, in minima parte, con le rette dei frequentatori. Le indagini dirette dalla Procura e condotte dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria, scaturite da una denuncia presentata da alcuni componenti del consiglio di amministrazione e dall’attuale direttore amministrativo del Bellini, hanno ricostruito ogni passaggio di denaro avvenuto tra gli indagati.
Duplice il sistema utilizzato per trasformare l’ente pubblico in una sorta di bancomat senza limiti di prelievo per la soddisfazione anche delle piu’ disparate esigenze personali (tra cui viaggi, gioielli e abbigliamento d’alta moda). Una prima modalita’ di “sviamento” delle risorse pubbliche ha visto l’opera congiunta di piu’ dipendenti dell’Istituto capaci di sottrarre in 9 anni oltre 10 milioni di euro. Per realizzare il loro piano criminale hanno fatto ricorso alla falsificazione di firme e di mandati di pagamento compilati con causali differenti (a seconda che lo stesso documento fosse destinato alla banca o agli atti dell’ente). I fittizi atti documentali hanno riguardato essenzialmente spese obbligatorie (quali oneri del personale, previdenziali e assistenziali) per le quali si e’ rivelato piu’ agevole eludere ogni forma di controllo interno. L’utilizzo di una causale generica quale e’ quella di “contributi” ha favorito l’immediata liquidazione di ingenti importi e limitato le probabibilita’ che gli amministratori dell’ente scoprissero l’enorme “buco”. Gli istituti di credito, dal canto loro, chiamati a svolgere il mero servizio di “cassa”, hanno registrato gli stessi importi o a favore dell’ex responsabile dell’ufficio ragioneria del Bellini e dei dipendenti suoi complici o a favore di imprese partecipi all’illecito. Il secondo stratagemma, invece, che ha fruttato agli indagati un profitto complessivo pari a circa 4 milioni di euro, ha visto la complicita’ di un reticolo di imprese commerciali compiacenti spesso riconducibili alle medesime persone fisiche e generalmente inadempienti al Fisco. Le imprese attive nel circuito illegale sono circa 20 e risultano destinatarie di pagamenti a fronte di prestazioni mai effettuate a favore dell’Istituto Bellini. Anche in questa circostanza, la predisposizione di una contabilita’ artefatta unita a falsi mandati di pagamento ha favorito la distrazione del denaro pubblico. Il ruolo delle imprese partecipanti e’ consistito nell’aprire conti correnti e carte prepagate nei quali far affluire il fiume di denaro sottratto e successivamente nel disporre, attraverso operazioni di home banking e di emissione di assegni nonche’ di prelevamenti in contanti, dei fondi illecitamente acquisiti per la restituzione e il reimpiego a favore degli stessi indagati.
Destinatari della misura in carcere sono la responsabile dell’ufficio di ragioneria dell’Istituto Bellini fino al maggio 2016, Giuseppa Agata Carruba, 60 anni, indagata per peculato, e il coniuge Fabio Antonio Marco, 61 anni, accusato di peculato, ricettazione, riciclaggio, ritenuto promotore e organizzatore dell’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio; la responsabile della segreteria didattica dell’Istituto fino al maggio 2016, Vita Marina Motta, 57 anni, chiamata a rispondere di peculato; la responsabile dell’ufficio del Personale del Bellini fino al maggio 2016, Lea Marino, 65 anni, indagata per peculato; un consulente del lavoro e amministratore di fatto di diverse societa’ che hanno fittiziamente intrattenuto rapporti commerciali con l’ente pubblico, Sergio Strano, 47 anni, indagato per riciclaggio e ritenuto il promotore e l’organizzatore dell’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio; un legale rappresentate di piu’ societa’ che solo apparentemente hanno fornito beni e servizi all’Istituto musicale, Giancarlo Maria Benvenuto Berretta, 68 anni, complice nei reati di riciclaggio e partecipe dell’associazione criminale. Agli arresti domiciliari, invece: Paolo Di Costa, 44 anni, e Roberto Vito Claudio Russo, 63 anni, gia’ dipendenti dell’Istituto Musicale “V.Bellini”, indagati per peculato; Vito Enrico Barbuto, 55 anni, Roberta Marco, 27 anni, Valentina Piera Mazzarino, 30 anni, Davide Palmisciano, 25 anni, Francesca Sanfilippo, 35 anni, quali imprenditori accusati di riciclaggio e partecipi di un’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio; Massimo Vecchio, 37 anni, Francesco Antonio Nicoloso, 27 anni, Salvatore Rizzo, 27 anni, Marco Garufi, 22 anni, quali intestatari di carte prepagate, indagati per reati di riciclaggio e di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio; Francesco Marco, 57 anni, Alfio Platania, 38 anni, Luigi Platania, 41 anni, Antonino Munago’, 41 anni, Raffaele Carucci, 48 anni, imprenditori indagati per riciclaggio; Massimo Lo Rosso, 46 anni, imprenditore indagato per peculato in concorso, tra gli altri, con Carrubba. Il Gip ha disposto il sequestro preventivo, anche per equivalente, nei confronti degli indagati del complessivo profitto quantificato in oltre 14 milioni di euro. I finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Catania stanno eseguendo accertamenti patrimoniali ed economico-finanziari volti a rintracciare ogni bene che sia nella disponibilita’ del gruppo criminale.